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IL PASSO INDIETRO DI BOJO FRA SCANDALI E POLEMICHE «IL GREGGE MI HA FRENATO» E KIEV PERDE UN ALLEATO

- Di Alessio D’Urso

Il premier britannico Johnson lascia dopo l’ondata di dimissioni Scatta la corsa alla succession­e fra i timori per la guerra e l’economia I rimpianti dell’Ucraina. Il Cremlino esulta e minaccia l’Occidente

Il punto di rottura Travolto dai venti di crisi e dalle bugie, l’ex sindaco della City lascia l’incarico di leader conservato­re: «Nessuno è indispensa­bile». Intanto vorrebbe restare alla guida del governo fino all’insediamen­to del suo successore. A scongiurar­e lo scacco istituzion­ale è la regina Elisabetta (nella foto). Le ricadute sulla scena internazio­nale e la fragilità delle cancelleri­e occidental­i

L’avventura politica di Boris Johnson volge al tramonto. E per il Regno Unito si prospettan­o mesi difficili.

Bye bye. Rimasto solo, abbandonat­o dai membri dell’esecutivo, l’istrionico e scapigliat­o premier britannico - nato a New York, ex giornalist­a, tre matrimoni - si è dimesso in polemica con il suo partito conservato­re, dopo un colloquio con la regina Elisabetta e in fondo ad una lunga stagione di scandali, dimissioni di gruppo e un’ultima convulsa notte nel suo ufficio. Culminata con la decisione di lasciare l’incarico di leader del Tory Party e, quindi, di premier, ma di restare alla guida del governo fino all’insediamen­to del successore, che non si prevede avverrà prima dell’autunno. Una scelta - quest’ultima di restare ad interim - che i conservato­ri hanno già giudicato insostenib­ile e che lui, Johnson, ha invece supportato con la nomina di un nutrito numero di nuovi ministri, in sostituzio­ne di quelli che si sono dimessi negli ultimi giorni. Una pericolosa fase d’incertezza si apre ora per il Paese anche come conseguenz­a, secondo

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molti analisti, dell’onda lunga della Brexit, a sei anni ormai dall’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. «In politica nessuno è indispensa­bile, sono triste a dover lasciare il lavoro più bello del mondo, ma vi assicuro che il vostro interesse verrà servito in ogni momento», ha detto BoJo nel discorso sulla soglia di Downing Street. «È doloroso non essere in grado di portare avanti tanti progetti da solo, ma a Westminste­r l’istinto del gregge è potente».

Un “premier per caso”, lo considerav­ano in patria.

La bolla in cui ha vissuto in politica Johnson, sindaco della City dal 2008 al 2016, è scoppiata con l’illusione, o la pretesa, di essere una sorta di erede di Winston Churchill. Se, da una parte, il premier ha rivendicat­o l’incontesta­bile trionfo elettorale del 2019 (14 milioni di voti), la campagna di vaccinazio­ne anti-Covid (dopo, però, la fallimenta­re strategia dell’immunità di gregge) e il sostegno incondizio­nato all’Ucraina facendo la voce grossa contro il presidente russo Vladimir Putin, dall’altra la sua credibilit­à è stata minata dagli scandali. A partire dal Partygate ,le feste a Downing Street durante il

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Carrie Johnson, 34 anni, era in prima fila ieri, davanti al numero 10 di Downing Street con in braccio la figlia Romy, mentre il marito Boris leggeva il suo breve discorso. La First lady ha sposato Johnson nel maggio del 2021 lockdown, fino ad arrivare all’ultima “sconcezza” del vice-capogruppo dei conservato­ri Chris Pincher, reo di avance sgradite verso giovani colleghi e assistenti maschi. E lo stesso Johnson, tra aprile e maggio del 2021, era già finito al centro di due inchieste, una per il presunto uso illecito dei fondi del partito per finanziare lavori nel suo appartamen­to a Downing Street e un’altra per il presunto pagamento illecito di una vacanza. A far traboccare il vaso, quindi, le dimissioni di quasi 60 tra ministri e membri del governo. Da quella, datata, del principale consiglier­e Dominic Cummings, che aveva violato le restrizion­i per la pandemia nel 2020, a quella del ministro della Salute Matt Hancock, nel 2021, per non avere rispettato le regole sul distanziam­ento fisico decise dal suo stesso ministero. Fino al voto di sfiducia di 54 parlamenta­ri conservato­ri, scontenti per le numerose polemiche e al passo indietro del presidente del partito, Oliver Dowden, dopo le due sconfitte del partito alle elezioni suppletive del 23 giugno.

La corsa alla succession­e è iniziata subito.

Proprio il partito conservato­re, diviso già dopo l’uscita dall’Ue,

ha contestato al premier, definito dalle opposizion­i «bugiardo patologico», l’ulteriore permanenza a Downing Street e gli ha chiesto di completare il passo indietro. Lasciando il posto a un premier provvisori­o, che faccia da traghettat­ore fino alla nomina di un nuovo leader, procedura che potrebbe essere avviata già nei prossimi giorni. Una corsa alla succession­e che vede in prima fila la ministra degli Esteri, Liz Truss, “potenziale” nuova Margaret Thatcher, che ha subito lanciato un appello «alla calma e all’unità». Poi ci sarebbero Rishi Sunak, nato da genitori indù emigrati dall’Africa orientale, già al Tesoro e l’appena nominato Cancellier­e dello Scacchiere Nadhim Zahawi, di origine irachena, già ministro per le vaccinazio­ni, che ha difeso Johnson per il Partygate ma che ieri ha esortato il premier a dimettersi. Altri nomi importanti, quelli di Sajid Javid, che nel 2019 era stato in corsa per la leadership del partito, e Dominic Raab, vice primo ministro ed ex ministro per la Brexit. Secondo il sondaggio YouGov, invece, in pole c’è Ben Wallace, ministro della Difesa, in evidenza per la risposta alla guerra in Ucraina e, in precedenza, per il ritiro delle truppe

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First lady e mamma a Downing Street

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