La Gazzetta dello Sport - Romana
Se ne va Tambay il pilota gentile Fra lui e Gilles destini intrecciati
aveva già un grosso handicap — racconta Arnoux — e non poteva più camminare bene. Mi ha addolorato vederlo così, perché ricordavo Patrick sempre allegro e molto attivo, è stata dura da accettare. Come ho detto un mese fa al funerale di Mauro Forghieri (storico ingegnere che ha lavorato con entrambi; n.d.r.), non siamo eterni su questa terra. Ma abbiamo avuto il privilegio di fare un mestiere che era la nostra passione e di guidare per la squadra più bella al mondo».
Svolta Nato a Parigi, in una famiglia benestante, da bambino Tambay era stato una promessa dello sci, fino alla convocazione nella nazionale B francese. Poi, nel 1970, la conversione all’automobilismo, frutto di un colpo di fulmine durante una giornata trascorsa sulla pista del Paul Ricard. Nel 1972 partecipa al Volante Elf, il concorso per i giovani piloti transalpini, e vince al primo colpo, ottenendo i finanziamenti per debuttare in Formula Renault. È vicecampione europeo di F.2 nel 1975, dietro a Jacques Laffite, poi viene chiamato negli Usa da Carl Haas per sostituire l’infortunato Brian Redman e conquista subito il campionato Can-Am nel 1977. Il debutto in F.1 su Surtees e Theodore, lo stesso anno, gli frutta alcuni piazzamenti che ne mettono in luce il talento. Ferrari vorrebbe ingaggiarlo, ma la Marlboro lo spinge alla McLaren, dove vive due stagioni infelici accanto a James Hunt e John Watson, con macchine poco competitive. Torna nella Can-Am e rivince il titolo (1980). Si riaffaccia in F.1 con Theodore e Ligier nel 1981, ma colleziona otto ritiri in otto gare, e a fine anno il vecchio Guy decide di sostituirlo con Cheever. Sembra il capolinea della carriera per Tambay. Quando arriva la telefonata del grande Enzo. «Patrick avrebbe dovuto entrare nella nostra squadra fin dal 1978, ma situazioni contingenti fecero sfumare un accordo al quale entrambi tenevamo — ha raccontato Ferrari nel suo libro “Piloti, che gente” — e lui si era allontanato dalla Formula 1 fino a sembrarne ormai definitivamente disinteressato. La Ferrari risvegliò il suo interesse e le doti umane e tecniche che avevo allora intuito risultarono confermate: Patrick è un collaudatore preciso, instancabile, un pilota redditizio, vincente. In definitiva un carattere da professionista onesto, un Reutemann parigino».
Regalo L’incidente in cui Pironi si fratturò gravemente le gambe nelle prove del GP di Germania, seconda sciagura di quel 1982 maledetto che si era già portato via Villeneuve, lo lasciò per alcune gare unico pilota della rossa. «Quella sera Patrick venne nel mio camper per parlarmi. Era sconvolto — ricorda Antonio Giacobazzi, storico sponsor del Cavallino —. Lo tranquillizzai. Il giorno dopo conquistò la sua prima gara con la Ferrari e mi regalò il volante della 126 C2 con la quale aveva vinto». Tambay dedicò quel trionfo a Villeneuve, a Pironi e a Ferrari, che aveva creduto in lui. Con la stessa riconoscenza, ospitò per un periodo la famiglia di Gilles, diventando mentore di suo figlio Jacques. Sembrava poter lottare per il Mondiale, ma un infortunio al nervo di una spalla, durante una seduta di fisioterapia, l’obbligò a saltare il GP di Svizzera, compromettendo la corsa al titolo.
Altruista L’anno successivo alla Ferrari arrivò Arnoux. Fino a metà stagione, in lotta per il campionato c’era ancora Tambay. Il francese si aggiudicò il GP di San Marino, la gara che l’anno prima aveva visto il grande sgarbo di Pironi a Villeneuve, approfittando dell’uscita di strada di Ricciardo Patrese. La Ferrari numero 27 si fermò senza benzina dopo l’arrivo e i tifosi lo portarono verso il podio a spalle. Poi il vento della fortuna cambiò nuovamente: negli Usa fece spegnere il motore al via, in Germania e in Austria seguirono altri due ritiri vanificando altrettante pole. Fu scavalcato in classifica da Arnoux e finì quarto nel Mondiale. La fine della storia d’amore con la rossa, perché dal 1984 ci sarebbe stato Michele Alboreto al suo posto. «Ai nostri tempi eravamo tutti nemici in pista. Ma non ricordo mai problemi con Patrick. L’Ingegnere voleva il titolo Costruttori — racconta Arnoux — e noi lo riportammo a Maranello. “Per il titolo piloti — ci diceva — arrangiatevi fra di voi...”. Abbiamo lottato, ma anche collaborato tanto per sviluppare la macchina. La nostra doppietta in Olanda fu un momento di grandissima gioia per Enzo Ferrari». Lassù, fra gli immortali, ora c’è anche “monsieur” Tambay.
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9
Stagioni
In Formula 1, Patrick Tambay ha corso per 9 stagioni, non in modo continuativo. Nel 1977 debutta con la Surtees e passa alla Theodore; quindi 1978 e 1979 con la McLaren. Nel 1980 non ha squadra, rientra nel 1981 in Ligier. Anche il 1982 lo inizia senza team, ma arriva in Ferrari dopo la morte di Villeneuve e resta nel 1983. Tra ‘84 e ‘85 è in Renault. Chiude nel 1986 in Lola
2
Vittorie
Ha vinto 2 GP, entrambi con la Ferrari: Hockenheim ‘82 e Imola ‘83. In tutto ha fatto 11 podi (8 Ferrari, 3 Renault) e 5 pole (4 Ferrari e una Renault)