La Gazzetta dello Sport - Romana
È IL MAROCCO
Amrabat alla Casemiro, uomo ovunque. Con le linee di passaggio ostruite, la Spagna ha avuto un possesso palla monstre (quasi il 77%) ma si è persa in continui titic e titoc laterali, con pochi inviti in verticale tentati da Gavi, qualche cross e rari tentativi di creare superiorità numerica coi dribbling di Dani Olmo, il più ispirato ma non devastante. Il ritmo basso poi favoriva la tattica del Marocco, che aveva sempre la sua difesa solida e di gran qualità ben piazzata e protetta, appunto, da Amrabat. Con gli inserimenti di Morata (perché non titolare dopo i gol?), la musica è cambiata di poco. Il Marocco non è mai andato in sofferenza e nelle poche sortite in avanti dava sempre l’impressione di pericolosità perché aveva più spazi e più velocità. Solo con l’entrata di Nico Williams, alla mezzora, la Spagna ha prodotto un’accelerazione. L’attaccante dell’Athletic ha messo a dura prova Attiat-Allah, entrato al posto di Mazraoui acciaccato. Con un paio di cross ha costretto Saiss al salvataggio e servito Morata che di testa ha messo alto.
L’ultimo assalto Nei recuperi la Spagna si è piazzata nel centrocampo del Marocco, in un assalto disperato ma sempre troppo lento per non finire là dove ha fallito 4 volte su 5 al Mondiale (più di tutte nella storia del torneo). Eccetto quel palo di Sarabia, è stato però il Marocco ad avere, a spazi aperti, due limpide occasioni con Cheddira. Ma davanti a Unai al barese è venuto il braccino, tradito dalla paura di sbagliare. Come gli spagnoli davanti al dischetto. Loro lasciano il Mondiale, Luis Enrique probabilmente lascia la guida della Spagna. Sarà la maledizione dell’Europeo? Attenta Inghilterra, sei l’ultima superstite delle 4 finaliste.
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EDUCATION CITY uando ero con gli allievi del Madrid mi chiamarono a Las Rozas, il centro tecnico della nazionale. Passai lì un paio di giorni con Luis de la Fuente, l’attuale c.t. dell’Under 21, e vidi che non era il posto per me. Non mi sentivo a casa. Non c’era un motivo concreto, è stata una questione di sensazioni, mi sembrava che li non fosse presente ciò che avevo respirato in casa per tutta la vita, ovvero la cultura araba, la cultura marocchina. Io volevo stare qui, dove sono ora». Il ritiro del Marocco. Dove Achraf Hakimi ha parlato con Marca, raccontando del suo momento “spagnolo”. Due giorni dopo quella chiacchierata, il ragazzo nato a Madrid e cresciuto nel Madrid ha simbolicamente mandato a casa la sua Spagna, il Paese dove ha vissuto finché non a Dortmund, e poi a Milano, casa Inter
«Q“Panenka” e “Pinguino” Il madrileno Hakimi, leader di questo storico Marocco, ha preso il pallone del matchpoint, e l’ha depositato alle spalle di Unai Simon con un cucchiaio forse imperfetto per parabola ma incredibilmente efficace. Un “Panenka” come lo chiamano in Spagna, marchio di fabbrica di Sergio Ramos, suo idolo di gioventù (anche lui faceva il terzino), poi suo capitano al Madrid e oggi compagno al Psg. E Ramos ha qualcosa a che vedere con il festeggiamento messo in scena ieri da Hakimi: l’ex interista prima di essere sommerso dall’abbraccio dei compagni ha mimato un pinguino. Che è il soprannome che lui e Sergio Ramos hanno dato a Mbappé. Achraf e Kylian sono molto molto legati: fu il primo a portare il secondo fuori a pranzo a Madrid la scorsa primavera in pieno tormentone del passaggio di Mbappé alla Casa Blanca. E il fuoriclasse francese lunedì è andato a trovare Hakimi nel ritiro del Marocco. Una visita che il difensore ha apprezzato molto.
Il leader Il Marocco non aveva mai vinto una partita ai rigori: nella sua storia aveva perso due volte, con Algeria e Benin, in Coppa d’Africa. Con la Spagna è arrivato questo incredibile successo. Grazie alle mani di Bounou, che in Spagna chiamano Bono, nato a Vancouver ed esploso al Siviglia, città araba per eccellenza. Ma dopo le parate di Bounou, è arrivato il sigillo di Hakimi. Che a 24 anni è già al secondo Mondiale. Un primo di apprendimento, un secondo da Da quando ha vinto la Coppa nel 2010, la Spagna ha partecipato a tre Mondiali, giocando 11 partite. Ne ha vinte soltanto 3. Una contro l’Australia nel 2014 quando era stata già eliminata (dopo due incontri), una contro l’Iran nel 2018 e quindi il 70 con la Costa Rica che ha aperto il suo Mondiale qui in Qatar. Sulla base dei numeri, il suo declino è evidente. trascinatore e ispiratore. D’accordo, ci sono Zyech e Mazraoui, ma i due avevano litigato col precedente tecnico, Halilodzic, ed erano stati esclusi. Regragui, ancora imbattuto alla guida del Marocco, 4 vittorie e 3 pari, li ha subito riportati in nazionale, inserendoli in un gruppo guidato da Hakimi. Perché gioca nel Psg, e prima l’ha fatto nell’Inter, nel Borussia Dortmund e nel Real Madrid, la sua culla calcistica.
Multinazionale E perché è perfetto per guidare questa multinazionale: nel Marocco ci sono 14 giocatori nati all’estero, in Olanda, Belgio, Francia e Italia oltre che in Spagna e Canada come Achraf e Bono. Hakimi al Psg non può tirare i rigori, la lista dei tiratori è incredibilmente qualificata, ma col Marocco si è preso il potenzialmente decisivo quarto slot. Perché questa è la sua nazionale, questa è la sua dimora, questa è la sua dimensione, questa è la sua squadra. Mai una nazionale araba era arrivata ai quarti del Mondiale, mai una nazionale africana ha conquistato la semifinale. Il primo tabù è stato infranto ieri sera, il secondo è li, a 90 o 120 minuti di distanza. Sabato col Portogallo Achraf Hakimi, spagnolo di nascita e marocchino d’anima, proverà a scrivere un altro pezzo di storia. Poi toccherà al ‘pinguino’ contro l’Inghilterra. Achraf e Kylian possono incontrarsi in semifinale. Un sogno.
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