La Gazzetta dello Sport - Sicilia

«Sì, dalla provincia si può: il mio Parma vinse nel 1999 E hanno Gasp, un maestro»

- Di Andrea Schianchi

i può arrivare dalla provincia alla vetta d’Europa? E, soprattutt­o, come si fa? L’Atalanta di Gasperini, dopo l’impresa di Liverpool, ha messo nel mirino l’Europa League: l’ultimo allenatore italiano a sollevare il trofeo (allora si chiamava Coppa Uefa) è stato Alberto Malesani che, nel maggio del 1999, alla guida del Parma, un’altra espression­e della provincia, ha sconfitto il Marsiglia nella finale di Mosca. E oggi Malesani, che da dieci anni non allena più e, dopo un’esperienza come imprendito­re nel settore del vino, si rilassa giocando a golf, fa un tifo indiavolat­o per la Dea «perché la squadra di Gasperini mi ricorda tantissimo il mio Parma».

S▶Qual è il segreto per arrivare al successo partendo dalla provincia?

«Servono una grande società e un grande lavoro di squadra. Dirigenti, allenatore e giocatori devono ragionare seguendo la medesima linea di pensiero. Il mio Parma, nel 1999, vinse tre coppe in cento giorni: la Coppa Italia, la Coppa Uefa e la Supercoppa Italiana».

▶L’Atalanta l’impresa?

è attrezzata per

«E’ superattre­zzata. Gasperini è un tecnico che ha sempre dato il massimo in provincia perché il suo gioco richiede sacrificio, grinta e grande preparazio­ne fisica. Lui vuole un gruppo aggressivo, punta moltissimo sull’uno-contro-uno. Ci si stanca a giocare in quel modo, e magari qualche giocatore che si crede un campione non è disposto a faticare tanto. A Liverpool l’Atalanta ha realizzato un capolavoro di cui si parlerà per almeno un decennio».

▶Dei suoi trionfi che cosa ricorda?

«Tutto, ogni minimo particolar­e. E mi fa piacere che a distanza di tanti anni si torni a parlare di ciò che ha fatto il mio Parma. In Europa la qualità del gioco è diversa rispetto a quella del campionato. In campionato puoi sbagliare e c’è il tempo per rimediare. Nelle coppe, no: devi essere perfetto in quelle due partite. Quel Parma sembrava programmat­o al computer, tutti sapevano quello che dovevano fare. C’erano grandissim­i giocatori, questo va sempre ricordato, perché senza grandi giocatori nessun allenatore può vincere. Io avevo Buffon, Thuram, Cannavaro, Chiesa, Crespo, Veron...».

La cosa di cui va più orgoglioso?

«Il Parma di quel periodo era al terzo posto del ranking mondiale. Sapete che cosa significa? Incredibil­e per una squadra di provincia, che aveva sì una multinazio­nale come la Parmalat alle spalle ma non aveva certo il

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