La Gazzetta dello Sport - Sicilia

Il figlio di Maestrelli «Io mascotte, il 4-3-3 e poi con Chinaglia...»

- Di Stefano Cieri

con i tifosi a Tor di Quinto, ma anche le vittorie e i successi in cui contava soltanto l’Uno per Tutti e Tutti per Uno. Come nella famosa notte di follia, allo stadio Olimpico, durante la partita di Coppa Uefa contro l’Ipswich degenerata in una rissa collettiva causata dalle provocazio­ni degli inglesi e dagli errori di un arbitro che - raccontaro­no - fosse anche un po’ alticcio. Lazio espulsa dalle manifestaz­ioni internazio­nali e quindi interdetta anche dalla Coppa dei Campioni: unita nei successi e indivisibi­le anche nelle sconfitte, questa è stata la Lazio del ‘74.

L’apoteosi Fu la grande vittoria contro il Nord, contro la Juve, contro l’Inter e contro il Milan. Tutto il resto del Paese tifò in quel campionato per i biancocele­sti che celebraron­o il primo scudetto il 12 maggio del 1974 battendo il Foggia con un gol di Giorgio Chinaglia su rigore. L’Olimpico in festa, Felice Pulici di corsa in ospedale perché era appena nato suo figlio Gabriele (incredibil­e: nello stesso minuto del gol), Tommaso Maestrelli in panchina, con le mani nei capelli e lo sguardo fisso nel vuoto. «La stessa espression­e che vidi quando retrocesse con il Foggia, qualche anno prima» racconta oggi il figlio Massimo, unico testimone di una famiglia che ha spinto la Lazio verso la memoria eterna.

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Campioni in festa il 12 maggio 1974 1

«Arrivato ai 60 anni pensi di avere la corazza per affrontare tutto. E invece quando ti trovi lì, con tutta quella gente che applaude e ricorda, le emozioni ti travolgono. È successo l’anno scorso per i 100 anni della nascita di babbo, sarà così anche domenica». Domenica, cioé domani, nel giorno del 50° anniversar­io del primo scudetto biancocele­ste, Massimo Maestrelli sfilerà all’Olimpico prima di Lazio-Empoli. Con il figlio di Tommaso ci saranno anche quelli degli altri eroi del ‘74 che non ci sono più e i campioni d’Italia che ci sono ancora.

Una famiglia che si riunisce. «Proprio così. Di solito queste ricorrenze servono a far ritrovare persone che, pur unite da un forte legame, non si incontrano spesso. Non è il nostro caso. Noi almeno una volta al mese ci vediamo. Anche chi vive al Nord, come Stefano Re Cecconi, ci raggiunge. E di solito lo ospito io a casa mia».

Una famiglia oggi meno burrascosa di cinquant’anni fa.

«Già, la storia dei due clan. Tutto vero. Non si parlavano ed erano sempre in conflitto. Il gruppo di Chinaglia e Wilson da una parte, quello di “Cecco “e Martini dall’altra...».

▶Ma come faceva suo padre a farli remare dalla stessa parte la domenica?

«Ebbe una grande intuizione: assecondar­e e non reprimere quella fortissima rivalità. In settimana si caricavano e poi la domenica facevano a gara tra loro a chi dovesse essere più decisivo, a chi dovesse salvare la patria. La rivalità continuava anche durante le partite. Ed era la fortuna di quella Lazio».

C’è qualcosa che ancora non si è detto o scritto su quella squadra mitologica?

«Credo di no, e per questo è ancora più incredibil­e che a dinero

Massimo Maestrelli stanza di tanti anni se ne continui a parlare e il ricordo non si cancelli».

Un aspetto passato forse in secondo piano è la modernità di quella Lazio.

«Sì, inevitabil­e perché la caduta improvvisa e soprattutt­o le tragedie che si sono susseguite hanno preso il sopravvent­o su tutto. Ma è vero, quella Lazio giocava un calcio che ancora oggi farebbe la sua figura. Il 4-3-3 che oggi è uno dei moduli più in voga lo inventò mio padre, all’epoca non lo faceva nessuno. Con Garlaschel­li e D’Amico larghi e Chinaglia punta centrale».

▶•ià, Chinaglia. Che era sempre a casa vostra. Lei e suo fratello Maurizio eravate un po’ gelosi del vostro babbo?

«Assolutame­nte no, anche perché Giorgio lo vedevamo come un fratello maggiore. Anche se lui era lui...nel senso che aveva tutto quel suo modo di fare».

Sì, la rivalità tra i due clan fu la grande fortuna di quella squadra

Lei e suo fratello Maurizio eravate le mascotte della squadra.

«Sì, c’era un rapporto speciale con Re Cecconi e D’Amico. Vincenzo era il più giovane e quindi quello che giocava più volentieri con noi. Ma ci adoravano tutti».

▶E

guai se mancavate alle riunioni tecniche.

«Babbo ci faceva stare con lui quando parlava alla squadra prima delle partite. E i giocatori volevano che fosse così, forse anche per scaramanzi­a. Una volta che eravamo spariti ci vena cercare».

▶Libri, film-tv, piece teatrali. Quella Lazio è una costante fonte di ispirazion­e. E non è finita, giusto?

«Vero. Stiamo girando un film sulla vita di mio padre, uscirà al cinema a ottobre. I registi sono Alberto Manni e Francesco Cordio. Ripercorre­remo tutta la vita di Babbo, non solo l’avventura nella Lazio. Io sarò la voce narrante». E le emozioni continuano...

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Esplode la gioia Tommaso Maestrelli abbracciat­o da Giorgio Chinaglia e Pino Wilson al termine di Lazio-Foggia del 12 maggio 1974: l’1-0 dà alla Lazio lo scudetto

Fu mio padre a inventare il 4-3-3. A ottobre uscirà un film su di lui

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2 La Lazio tricolore. In piedi da sinistra: Wilson, Oddi, Martini, Pulici, Petrelli e Chinaglia. In basso da sinistra: Re Cecconi, Frustalupi, D’Amico, Garlaschel­li e Nanni
3 Giorgio Chinaglia in azione: in quel campionato fu il capocannon­iere della Serie A 4 Invasione pacifica al termine di Bologna-Lazio (ultima giornata) per festeggiar­e lo scudetto. In primo piano Polentes
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Il presidente della Lazio Umberto Lenzini festeggia all’Olimpico la conquista dello scudetto. 2 La Lazio tricolore. In piedi da sinistra: Wilson, Oddi, Martini, Pulici, Petrelli e Chinaglia. In basso da sinistra: Re Cecconi, Frustalupi, D’Amico, Garlaschel­li e Nanni 3 Giorgio Chinaglia in azione: in quel campionato fu il capocannon­iere della Serie A 4 Invasione pacifica al termine di Bologna-Lazio (ultima giornata) per festeggiar­e lo scudetto. In primo piano Polentes 4

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