La Gazzetta dello Sport - Verona
I sudamericani vogliono battere anche il tempo
uò sembrare stupido chiederci quale delle tre corone abbia più motivazioni. Esiste qualcuno che non ha motivazioni forti in un Mondiale? Però in una competizione dal grande equilibrio spesso sono proprio i grammi di rabbia in più a fare la differenza. Anche in questo caso Lionel Messi guida la classifica. La Pulce lo ha detto appena sbarcato a Doha: «Questo è il mio quinto e ultimo Mondiale, l’ultima possibilità di realizzare un grande sogno». Messi, condannato al paragone eterno con Maradona fin dall’inizio del cammino, sa bene che la forbice si spalanca puntualmente quando si ragiona di Nazionale: «Sì, ma Diego ha vinto un Mondiale, a quel modo…». Leo ha vinto l’oro olimpico a Pechino 2008, l’ultima Coppa America e a giugno la Finalissima contro l’Italia. Ma non è così che si chiude la forbice e si cancella una volta per tutte la maledizione che sembra perseguitarlo ogni volta che indossa la camiseta della Seleccion. C’è un modo solo: vincere il Mondiale “a quel modo”, cioè trascinando una Nazionale che non è certo la più talentuosa delle storia, come non lo era quella di Diego nell’86. Vorrebbe dire chiudere il cerchio perfetto di una carriera leggendaria, coronata da 7 Palloni d’oro e da ogni razza di record, a cominciare da quello di argentino con
PMESSI il maggior numero di presenze e di gol in Nazionale. Il quarto di venerdì contro l’Olanda gli ricorda la semifinale vinta ai rigori e di riflesso la finale persa nel 2014 e tutte le altre delusioni dei quattro Mondiali giocati. Nessuno ha nel cuore le motivazioni feroci del 35enne Messi. A 30, Neymar può mettere in agenda almeno un’altra Coppa del Mondo. Il tempo lo assilla di meno, ma anche lui ha i suoi ricordi da cancellare e le sue rivincite da prendersi. A cominciare dal trauma del Mineirazo del 2014 quando assistette impotente, perché infortunato, alla disfatta della Seleçao contro la Germania (7-1). Nei quarti del Mondiale russo invece c’era. Fu tra i peggiori e cadde ai piedi di un gigantesco Eden Hazard. Kylian Mbappè in Russia fu solamente felice e campione del mondo. Non ha rivincite da prendersi. Però le motivazioni non nascono solo da traumi, anche da sogni e prospettive. Per esempio, guidare la Francia al secondo titolo mondiale consecutivo, impresa riuscita solo all’Italia di Pozzo (’34, ’38) e al Brasile di Pelé (’58, ’62). E poi arredare il suo appartamento parigino con il primo Pallone d’oro. 1’58”