Meneghin, una sberla «Non mi ricandido alla presidenza Fip»
«Niente dimissioni ma non correrò per la rielezione: è un ruolo da fare full time e gratis. Non sono in pensione, devo lavorare»
Dino Meneghin non correrà per un secondo mandato alla presidenza della federazione dopo i Giochi di Londra. «Non mi ricandido, spero che questo tranquillizzi l’ambiente e spenga le polemiche» dice sereno. Sono stati giorni fastidiosi per Superdino, accusato di apatia e immobilismo dal presidente del Coni, Gianni Petrucci, l’uomo che lo aveva fortemente voluto alla guida della Fip, alla vigilia degli incontri decisivi con le Leghe per decidere le regole e le formule delle prossime stagioni. «Non mi sto dimettendo, a meno che non succedano cataclismi: voglio portare a termine il lavoro» precisa anche se la sua figura non potrà che perdere peso avvicinandosi a fine mandato. Molti parlavano di un Meneghin stanco, gli ultimi accadimenti non lo hanno sollevato. Idea Meneghin, che sabato scorso aveva dichiarato che avrebbe preso una decisione sulla sua nuova candidatura solo a settembre, ha cambiato idea: «Lascio perché il presidente federale è un lavoro impegnativo che va fatto da professionista stando a Roma a tempo pieno. Io ho dedicato a questa avventura una media di 200 giorni l’anno lontano da casa e non basta. Senza uno stipendio: non sono un pensionato, ho 62 anni, non posso non lavorare. Ho anche chiuso la mia agenzia per evitare che si parlasse di conflitto di interessi. La presidenza federale è una carica bella e prestigiosa ma fondamentalmente gratis». La diaria per il presidente è 30 euro al giorno per guidare una azienda da 33 milioni euro di bilancio annuo. Crescendo Perdere Meneghin è un brutto colpo non solo perché è l’uomo di basket più conosciuto e di prestigio anche all’estero. La sua presidenza, nel momento più difficile del basket italiano, non è senza ombre ma è andata in crescendo