La Gazzetta dello Sport

Occhio, Milan A cedere Pato rischi i rimorsi Balotelli insegna

- di LUIGI GARLANDO MILANO

A Rafa Benitez, che venne a trovarci in Gazzetta, chiedemmo: «Mister, non teme di passare alla storia come l’allenatore che ha lasciato partire Balotelli? ». Lo spagnolo rispose: «Gli ho parlato il primo giorno e mi ha detto: "Ho capito che devo allenarmi di più". Bene. Il secondo venne a dirmi: "Ho un dolorino alla schiena. Oggi non mi alleno"». In altre parole: un lavativo irrecupera­bile. E così il buon Rafa mise il timbro sulla decisione della società di vendere il ragazzo che aveva litigato con Mourinho e gettato la maglia dell’inter sul prato in una notte di rabbia. In questa rubrica e altrove, noi abbiamo continuato a ritenerla una decisione infelice: quel «lavativo irrecupera­bile» era sempliceme­nte un ventenne dal passato complesso, catapultat­o in un circo esasperato, che cercava affetto e fiducia per trovare equilibrio e maturità. Ma soprattutt­o era una miniera unica di potenziali­tà, un progetto di fuoriclass­e sul quale umanamente era bello scommetter­e. Lo ha fatto Mancini e ha vinto. Oggi Balotelli, sempre meno bad boy, è il punto fermo della Nazionale. Oggi Moratti ripete: «Riprendere­i subito Balotelli». Per questo il Milan deve pensarci mille volte prima di cedere Alexandre Pato. Ok, quando perde palla e rientra ciondoland­o è indisponen­te come Balotelli. Ma, come Balotelli, è una miniera di talento e di futuro. Il mondo è pieno di attaccanti generosi che sgobbano in copertura. Ma quanti al mondo possono piazzare lo scatto con cui trapassò la diga del Barcellona al Camp Nou? Il calcio moderno è potenza e tecnica in velocità: chi più di Pato a 22 anni? Un giorno Dunga confidò: «Non ricordo un tiro di Pato molto alto o molto a lato: prende sempre la porta». Altra merce rara. Guardate Robinho. La prima volta che il Milan ha violato il Bernabeu lo ha fatto con due gol di Pato, che ha stoffa pura di fuoriclass­e e può regalare pezzi storici. Si rompe sempre, dicono. Però dal 2008 al 2011 il Papero ha messo in fila tre campionati con almeno 23 presenze e 12 gol. A Parigi, il ragazzo potrebbe trovare in

Ancelotti il suo Mancini e far deflagrare definitiva­mente le polveri di campione. Il Milan potrebbe impantanar­si presto nei rimorsi, come Moratti o la Juve quando ripensa che aveva in casa il talento grezzo, ma infinito di Thierry

Henry. L’errore più grande valutando un giovane è considerar­e ciò che fa e non ciò che potrebbe fare. Cosa sarà Pato tra due o tre anni, maturato grazie ad affetti importanti (Barbara), nuova fiducia e nuove responsabi­lità? Forse un Pallone d’oro, come ha pronostica­to Allegri. Su questo deve riflettere il Diavolo prima di vendere l’anima del Papero allo sceicco parigino. Tevez può dare un presente gioioso, ma non esiste nulla di più prezioso del futuro. E Pato lo è.

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