La Gazzetta dello Sport

CALORI «Nel Brescia gioca solo chi lotta»

Il rilancio col nuovo tecnico «La competizio­ne e la grinta sono fondamenta­li in B» Ed è in arrivo Larrondo

- GIAN PAOLO LAFFRANCHI

Così bene, così in fretta. Nemmeno Alessandro Calori si aspettava di rimettere in piedi il Brescia tanto presto. Due partite e 2 vittorie, 5 gol fatti (2 a Livorno, 3 al Crotone) e nessuno incassato. Un toccasana per una squadra che non vinceva da quasi 3 mesi. Dopo un avvio scoppietta­nte, la gestione-scienza si era arenata fra infortuni e squalifich­e: imprevisti fatali per una campagna acquisti inesistent­e. Il progetto estivo (ridurre i costi, lanciare i giovani) faceva a pugni con una realtà da playout. Trovato un mare in tempesta, Calori ha scelto di «navigare a vista. Una tappa per volta. Per questo ora penso solo al Vicenza». Non a quello che c’è intorno: la società in cerca di acquirenti, i tifosi scesi in piazza per invocare la fine dell’era-corioni, i rinforzi che tardano ad arrivare perché la priorità è vendere. «Nessun paragone con quello che succedeva prima, ma quando le cose vanno male si deve cambiare qualcosa — dice Calori — ognuno ha il suo metodo. Io, per ridare fiducia, ho puntato sulla competizio­ne interna. Ho la fortuna di aver fatto più di 500 partite da calciatore: nessun allenatore mi ha mai detto che ero titolare».

Mazzone il mastro Calori ha la freddezza del giocatore di poker. In parte è un dono di natura (aveva il carisma del leader già in campo), in parte gliel’ha trasmessa il suo maestro Mazzone. Da lui, a Brescia come a Perugia, Calori ha imparato i trucchi di un mestiere solitario. «Bisogna isolarsi con la squadra e difenderla da tutto per renderla più forte. Sono legato a Mazzone, un esempio nella gestione del gruppo, ancora protettivo con i suoi ragazzi: mi ha chiamato, è contento per me. Mi ha insegnato che un allenatore è come un padre: affettuoso, severo. Era duro, ti faceva crescere. E se faceva un’eccezione per Baggio, il motivo era chiaro a tutti. Le regole devono essere precise». Mai dare confidenza ai giocatori (non devono sapere cosa pensi di loro); mai dare vantaggi agli avversari (allenament­i a porte chiuse, compresa l’amichevole di ieri con il Ghedi); ognuno nel suo ruolo naturale per correre menoe correre meglio. Semplice e banale? Logico e vincente, se a Livorno debutti senza rivoluzion­i e fai il colpo con Juan Antonio che subito dopo viene venduto, quindi cambi modulo (difesa a 3, una sola punta) e stronchi il Crotone in scioltezza, senza poter contare su Jonathas. Rispetto a Scienza, Calori ha un vantaggio: lanciare i giovani non è più l’imperativo, quando devi salvarti. «I giovani vanno bene, ma se la barca affonda non c’è tempo da perdere. Oggi fare calcio non è facile, l’esonero è sempre dietro l’angolo. C’è troppa ansia, i presidenti licenziano di continuo, maanche gli allenatori non devono calarsi mai i pantaloni. Io avevo giocato a Brescia, mi ero trovato benissimo e sono tornato volentieri, ma se mi avessero imposto qualcosa non sarei venuto».

Mercato Dopodiché, anche questa favola rischia di finire presto, se non arrivano i rinforzi giusti. Promesso Leali alla Juve (da giugno, per 5milioni), presi in prestito Caldirola per la difesa (già protagonis­ta) e Foti per l’attacco (ancora ai box), servono altri acquisti. Uno per reparto. Può tornare Accardi, piace Larrondo. E spunta Gasbarroni (in scadenza di contratto a Torino). «Chi arriva deve essere pronto a tutto e se qualcuno vuole più spazio, è giusto che se ne vada – chiarisce Calori — il Brescia è in un momento particolar­e. Alla squadra chiedo comportame­nti e risultati. I playoff? Non guardo troppo in là. Questa avventura è solo all’inizio».

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