La Gazzetta dello Sport

«Con Basso e Nibali l’investimen­to si moltiplica per 6»

Il team manager Amadio: «Il ciclismo rende, eccome. Ecco perché la Liquigas non ha ancora lasciato»

- LUCA GIALANELLA

Pensate ancora a una squadra di ciclismo come a un gruppo artigianal­e, con i conti scritti sulla tovaglia? Sbagliate. Ormai un team di World Tour è un’impresa che ha bilanci certificat­i dalle società di revisione e produce utili. Oggi a Milano, nella sede del nuovo partner Citroën, si presenta la Liquigas-cannondale di Basso e Nibali, Sagan e Viviani. Lo sponsor è rientrato nel 2005: a fine 2012 scade il contratto, maproprio la validità del prodotto ciclismo e l’entusiasma­nte ritorno degli investimen­ti, grazie ai trionfi 2010 di Basso e Nibali a Giro e Vuelta, stanno facendo seriamente riflettere il colosso del gas diretto da Paolo Dal Lago. Roberto Amadio, lei è il team manager. Quanto investite? «Il budget 2012 è di 10,5 milioni di euro: il 60%, circa 7 milioni, viene da Liquigas. Dal 2005 l’investimen­to è sempre aumentato, e il ritorno economico c’è stato. Nel 2010 le vittorie hanno significat­o un ritorno pubblicita­rio tra tv e stampa di quasi 42 milioni di euro, più di 6 volte l’investimen­to; soltanto il Giro d’italia ne valeva 28. Nel 2011 abbiamo toccato 30 milioni». Quanto devedurare una sponsorizz­azione per rendere?

«Da 6 a 10 anni. Le alternativ­e in altri sport ci sono, ma per lo sponsor richiedono più soldi per avere lo stesso ritorno del ciclismo: il 30% in più per un team di Motogp, il doppio per entrare sulla maglia di una squadra di vertice del calcio. Senza dimenticar­e l’audience televisiva mondiale del ciclismo e i tifosi: il Giro ha 10 mi- lioni di persone sulle strade. La Liquigas aveva l’intenzione di chiudere, ma proprio per questo ci sta ripensando».

Il ciclismo allora funziona.

«Io non gestisco una squadra, ma un’azienda con 64 dipendenti e 23 automezzi che fanno 1 milione di chilometri all’anno e solo di carburante costano 300 mila euro. La società di gestione è controllat­a direttamen­te dallo sponsor, che vede come sono spesi i soldi».

Come fate a competere con l’americana BMC (22 milioni di euro) o squadre-nazioni come Astana (Kazakistan), Katusha (Russia) e Sky (GB)?

«L’anno scorso un team voleva prendere Nibali. La prima domanda: "Quanto costa?". Ma lui è rimasto perché non contano solo i soldi: c’è il know-how, c’è una struttura tecnica, c’è un’efficienza sportiva che in Italia abbiamo nel Dna e che non si compra. Con il corridore non si parla solo via email. E’ grazie a tutto questo se riusciamo a competere. Prendete labmcdi Evans, Gilbert e Hushovd: il mio budget non basta a pagarli tutti e tre».

Sisono unite Leopard e RadioShack, Omega e Quick Step.

«Attenti: i costi, anche dei corridori, sono lievitati, sono aumentate pure le corse e il sistema non può reggere oltre».

Un messaggio?

«Credete di più nel ciclismo, abbiate fiducia. Tra gli sport di vertice non ce n’è uno pulito come il nostro, che fa i nostri controlli, dalla reperibili­tà sulle 24 ore al passaporto biologico. E poi noi abbiamo scelto di investire sui giovani: Nibali e Kreuziger, Viviani e Sagan, ora Agostini e Moser. Siamo la squadra più giovane delle 18 del World Tour. Un primato che mi rende orgoglioso».

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy