In Siria altro sangue Razzo sulla folla: uccisoungiornalista
È il francese Gilles Jacquier, colpito a Homs. La Ue: «Assad non è più credibile». L’esperto: «Attenti, il regime è solido»
Le teoriche aperture democratiche di Assad non illudono nessuno e la tensione in Siria rimane altissima. Ieri a Homs è morto un francese, Gilles Jacquier, reporter di France 2 e vincitore del premio Ilaria Alpi 2011, ucciso da un colpo di mortaio mentre seguiva un corteo filo-governativo. Ferito anche un giornalista belga. Ferma condanna dell’unione Europea e degli Usa: «Assad ha perso ogni credibilità». La Francia chiede l’apertura di un’inchiesta, mentre la Germania invoca una risoluzione dell’onu. Guerra civile Ma che cosa sta succedendo in Siria? Homs, teatro dell’eccidio (8 morti e 25 feriti, colpiti da 3 granate), è una delle città simbolo della rivolta anti-assad. Due giorni fa il presidente siriano ha annunciato il referendum per una nuova costituzione e nuove elezioni (ieri è comparso in una piazza di Damasco tra i suoi sostenitori), ma dal marzo 2011 inizio della primavera araba siriana si contano più di 5 mila morti di cui 400 da quando sono entrati nel Paese (a fine dicembre) gli osservatori della Lega Araba. A proposito, uno di loro ieri si è dimesso, spiegando alla tv Al Jazeera: «Ci hanno sparato e ho visto scene vergognose: sulle strade corpi di uomini e bambini torturati. La Siria è vittima di un disastro umanitario anche se Assad ha cercato di nasconderci tutto». «La morte del giornalista francese— spiega Franco Venturini, editorialista del Corriere della Sera— può esasperare la tensione, ma la trama di fondo rimane la stessa: in Siria è in atto una guerra civile di stampo politico-religioso nella quale però Assad sembra ancora in grado di gestire la situazione. Alcuni reparti militari stanno disertandomala classe media è col presidente e lo dimostra la sua uscita pubblica di ieri in una piazza colma di sostenitori. Assad non si sente in pericolo». Gli occhi dell’opinione pubblica sono puntati anche sulla comunità internazionale «che al momento non può fare granché— chiosa Venturini —. All’onu sono state proposte sanzioni più dure, che hanno trovato l’opposizione di Russia e Cina, mentre un intervento militare potrebbe destabilizzare tutta la regione creando un effetto a catena su Libano, Israele e Iran. L’unica via percorribile rimane, per ora, quella delle sanzioni economiche».