La Gazzetta dello Sport

Da Ronaldinho e Pirlo fino a Seedorf e Inzaghi Quante vittime illustri di Max il Liquidator­e

- MARCO PASOTTO Ronaldinho, 31 anni Andrea Pirlo, 32 anni Filippo Inzaghi, 38 anni Clarence Seedorf, 35 anni

MILANO

E’ abituato da sempre a viaggiare per la sua strada. Che piaccia o no. A Berlusconi compreso. Perché fra le responsabi­lità dell’allenatore di un club come il Milan ci sono anche le scelte scomode, ricorda spesso Massimilia­no Allegri quando qualcuno indaga su eventuali pentimenti. La teoria è semplice: a fare le squadre col senno del poi, sono tutti buoni ad azzeccare mosse, strategie e di conseguenz­a risultati. E anche la pratica non è poi così complicata: quando il tecnico livornese ritiene che un giocatore non sia più funzionale al progetto, glielo comunica. E se il messaggio non viene recepito, lo mette in condizione di capirlo in altri modi. Rischi Per il momento le ha spuntate (quasi) tutte lui. Il Liquidator­e di tesserati illustri. Quelli che rischiano di metterti contro il popolo. Di metterti in condizione di non poter commettere errori. Perché se fai bene, è normale che sia così; ma se sbagli, è tutta colpa tua. I tifosi rossoneri si sono divisi molto su alcune scelte del tecnico livornese. Mauna cosa è indiscuti- bile: Allegri ci ha sempre messo la faccia, senza nasconders­i dietro alibi comodi e senza mettersi sotto l’ombrello di Galliani. Piccola rivoluzion­e La prima vittima illustre è stata Ronaldinho. Uno dei capisaldi di Allegri è l’intensità in allenament­o. Quando si è accorto che Dinho si era convinto di poter fare la differenza anche lavorando al minimo sin- dacale, ha iniziato a metterlo in panchina. E quando si è accorto che il trattament­o non produceva effetti sufficient­emente stimolanti, gli ha lasciato piena libertà — diciamo così — di trovarsi una sistemazio­ne più gradita. Piccolo particolar­e: Ronnie è sempre stato il cocco del Cavaliere, eppure la gestione di Allegri è stata rispettata dalla proprietà. Poi è stata la volta di Pirlo, senatore e pilastro del Milan del nuovo millennio. In questo caso il nodo della questione è ruotato molto attorno alla richiesta contrattua­le di Andrea, non condivisa dal club, ma Allegri aveva già iniziato una piccola grande rivoluzion­e tattica nell’ambito della quale il regista centrale non esisteva più. In pratica, Pirlo non era più imprescind­ibile. Tant’è vero che prima del lungo infortunio, era stato dirottato a sini- stra. Vogliamo banalizzar­e? Diciamo che Allegri non s’è stracciato le vesti per tenerlo. Clamoree veniamo a quest’anno, che annovera altre due vittime molto illustri. In questo caso sono entrambe ancora al Milan, mal’andazzo parrebbe più o meno lo stesso. Il caso più clamoroso — nel senso del clamore che ha suscitato fra la gente rossonera — è quello di Inzaghi. Più che le panchine o le mancate convocazio­ni in campionato, a spiccare è stato un’altra decisione forte: quella di non inserirlo nella lista Champions, terreno di caccia prediletto di Superpippo. Perché — si sono chiesti in molti— inserire l’allora infortunat­o Mexes e non Inzaghi, a cui spesso bastano pochi minuti per lasciare il segno? Allegri ha sempre risposto chiaro: il giocatore era avvisato dei potenziali «rischi» stagionali fin dal ritiro estivo e secondo il suo allenatore non è mai stato in condizioni fisiche tali da potergli far cambiare idea. Supercorso Infine c’è Seedorf, confinato da Nocerino e Aquilani al ruolo di seconda scelta ormai quasi fissa. Clarence ha chiarito che non gradisce e anche che vorrebbe giocare trequartis­ta, Allegri gli ha risposto ironicamen­te di iscriversi al supercorso di Coverciano. Che l’olandese sia un altro dei protetti di Berlusconi per il tecnico non è un fattore fondamenta­le. La schiena resta dritta, al massimo poi l’ultima parola è quella del Cavaliere. Come con Pato.

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