La Gazzetta dello Sport

Salti, stradine e fatica Sul Lauberhorn non si può sbagliare

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WENGEN (Svizzera)

Wengen è la storia dello sci, qui più di 100 anni fa cominciò il turismo invernale, i primi inglesi vi vennero per sciare, qui e a Mürren, sulla montagna di fronte. E’ una località romantica, senza automobili, le auto si lasciano a valle, al Lauterbrun­nen, e si sale con il trenino a cremaglier­a, che, dopo Wengen continua sino all’osservator­io in cima allo Jungfrau, cima oltre i 4000 metri, un viaggio incredibil­e nelle giornate di sole per la sua bellezza. La sua pista, il Lauberhorn, è la più lunga dell’intero circuito iridato, 4415 metri, ma non la più faticosa. Prove Ieri in prova il più veloce, l’austriaco Reichelt l’ha percorsa in 2"37, circa 40, 50 secondi più delle altre discese. Ma ha dei punti di minor pendenza che permettono agli atleti di prendere fiato, anche se la tendenza è sfruttare ogni centimetro della larghezza per farli curvare e mantenerli frenati. Si parte sotto la mitica parete nord dell’eiger, all’inizio, prima del salto dell’hundschopf, il muso di cane per la sua forma secca, bisogna sa- per far scorrere gli sci. Lascia con il fiato sospeso, perché si salta alla cieca e il «trucco» è state il più possibile a destra sfiorando le rocce sporgenti per avere un ingresso alto sulla Minschkant­e, la lunga diagonale verso destra. Un punto fondamenta­le perché dopo si entra nel bosco. Non c’è gran pendenza, ma la pista è stretta, ci vuole pelo a passare in velocità a pochi centimetri dalle protezioni. Poi, dopo il tunnel sotto la ferrovia, giù nel bosco, un tratto amato dal nostro Ghedina che qui vinse nel ’95 e nel ’97, dove si può fare velocità. E quando si arriva alla fine e le gambe urlano, ecco la esse finale, stretta e storta, disegnata da un sadico. Non è una pista per tutti, si vince con le finezze. Ci vuole esperienza perché in almeno 4 punti gli errori non sono recuperabi­li. Pane per campioni.

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