Gli stranieri e l’europa che sta a guardare
Vorrei parlare dell’inserimento dei nostri ragazzi di A e B e che vedono poco il campo. Nonmi riferisco in particolare al campionato, ma da calciofilo assisto e vedo molte partite, per esempio quelle di coppa Italia: giocano calciatori improbabili provenienti da campionati esteri altrettanto esotici che forniscono prestazioni imbarazzanti. Non vorrei fare nomi ma rendono l’idea: Cavanda e Cana nella Lazio, Taiwo nel Milan, Doubai nell’udinese.... Non abbiamo nelle nostre squadre giovani «primavera» aggregati alla prima squadra che possono scendere in campo? Il loro ingaggio sarebbe sicuramente minore, li faremmo crescere, daremmo positività e slancio a tutto il movimento: queste e altre buone ricadute sono del resto già state annunciate dal nostro coordinatore delle squadre giovanili azzurre, Arrigo Sacchi. Dovrebbe essere un obbligo per tutti.
Sono d’accordo. E del te- mente il calcio degli altri, affondando la pratica del proprio. Noncredoche la Fifae l’uefa potranno tenersi fuori a lungo da questo discorso di prospettiva, anche se Blatter e Platini hanno di fatto dovuto per il momento arrendersi alla cosiddetta «libera circolazione » , mancando unodopo l’altro tutti gli obbiettivi di valorizzazione dei vivai. Tutto ciò è stato giustificato all’origine con motivazioni economiche: sudamericani, africani e asiatici forniscono materiale umano di buona qualità e a basso costo. Vero, mafino a un cer- to punto. Lei mette il dito nella piaga: imbarcare giocatori stranieri dal talento medio o modesto sta diventando un automatismo tecnicamente ingiustificato. Daunaparte la moda, dall’altra traffici e intermediazioni, con categorie di professionisti che hanno tutto l’interesse a favorire questo mercato. Nessuno ha ancora seriamente studiato quanto questi flussi dall’estero incidano, nell’immediatoea gioco lungo, sul meccanismo identitario che è alla base del rapporto fra i tifosi e le loro squadre. Nessuno ci sta venendo a dire se e come questa ondata di extracomunitari del pallone incidano sulla pratica di basedel calcio. Nessunoaffronta in termini culturali la questione, impostando la domanda: questo Paese ha interesse e vantaggiochei suoi ragazzi continuino a giocare a calcio? Pochi prendono a cuore la ricaduta negativa di tutto questo sul livello tecnico della Nazionale. Può darsi che fra i nomi che lei ha fatto, signor Piva, ci sia il Sanchezdi domani, mal’interrogativo resta: possibile che all’improvviso i giovani italiani siano diventati tanto scarsi?