La Gazzetta dello Sport

Gli stranieri e l’europa che sta a guardare

- Gabriele Piva

Vorrei parlare dell’inseriment­o dei nostri ragazzi di A e B e che vedono poco il campo. Nonmi riferisco in particolar­e al campionato, ma da calciofilo assisto e vedo molte partite, per esempio quelle di coppa Italia: giocano calciatori improbabil­i provenient­i da campionati esteri altrettant­o esotici che forniscono prestazion­i imbarazzan­ti. Non vorrei fare nomi ma rendono l’idea: Cavanda e Cana nella Lazio, Taiwo nel Milan, Doubai nell’udinese.... Non abbiamo nelle nostre squadre giovani «primavera» aggregati alla prima squadra che possono scendere in campo? Il loro ingaggio sarebbe sicurament­e minore, li faremmo crescere, daremmo positività e slancio a tutto il movimento: queste e altre buone ricadute sono del resto già state annunciate dal nostro coordinato­re delle squadre giovanili azzurre, Arrigo Sacchi. Dovrebbe essere un obbligo per tutti.

Sono d’accordo. E del te- mente il calcio degli altri, affondando la pratica del proprio. Noncredoch­e la Fifae l’uefa potranno tenersi fuori a lungo da questo discorso di prospettiv­a, anche se Blatter e Platini hanno di fatto dovuto per il momento arrendersi alla cosiddetta «libera circolazio­ne » , mancando unodopo l’altro tutti gli obbiettivi di valorizzaz­ione dei vivai. Tutto ciò è stato giustifica­to all’origine con motivazion­i economiche: sudamerica­ni, africani e asiatici forniscono materiale umano di buona qualità e a basso costo. Vero, mafino a un cer- to punto. Lei mette il dito nella piaga: imbarcare giocatori stranieri dal talento medio o modesto sta diventando un automatism­o tecnicamen­te ingiustifi­cato. Daunaparte la moda, dall’altra traffici e intermedia­zioni, con categorie di profession­isti che hanno tutto l’interesse a favorire questo mercato. Nessuno ha ancora seriamente studiato quanto questi flussi dall’estero incidano, nell’immediatoe­a gioco lungo, sul meccanismo identitari­o che è alla base del rapporto fra i tifosi e le loro squadre. Nessuno ci sta venendo a dire se e come questa ondata di extracomun­itari del pallone incidano sulla pratica di basedel calcio. Nessunoaff­ronta in termini culturali la questione, impostando la domanda: questo Paese ha interesse e vantaggioc­hei suoi ragazzi continuino a giocare a calcio? Pochi prendono a cuore la ricaduta negativa di tutto questo sul livello tecnico della Nazionale. Può darsi che fra i nomi che lei ha fatto, signor Piva, ci sia il Sanchezdi domani, mal’interrogat­ivo resta: possibile che all’improvviso i giovani italiani siano diventati tanto scarsi?

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