Vecchio a chi? Evans c’è: «Mai avuto l’entusiasmo di oggi»
L’australiano, 36 anni, rilanciato dal Giro dell’oman: «Il segreto è la motivazione. Ho sempre pensato di poter tornare al top»
Motivazione. La parola chiave è motivazione. «Normalmente ti serve per allenarti e per correre. Ma quando sei costretto a stare fermo, allora la usi per pensare e riflettere». Il (discretamente lungo) viaggio per tornare a casa sta per cominciare e Cadel Evans si concede una massima che un po’ ricorda quelle di Fernando Alonso in versione-samurai. Per i 36 anni, compiuti il giorno di San Valentino, l’australiano si è fatto un regalo non banale: il ritorno alla competitività ad alti livelli a quasi sei mesi dall’ultima corsa (il Giro del Colorado, a fine agosto) e a quasi sette dalla conclusione di un Tour de France disgraziato, affrontato da campione uscente e chiuso in una scomoda settima piazza. Percorso «Non è stato il Tour de France più difficile della mia vita, ma allo stesso tempo confesso che è stata dura. Quando non vai forte, ti devi chiedere perché. E se non hai la risposta, è frustrante. Però mai ho pensato di non poter tornare al mio livello». E adesso la prospettiva è diversa. Evans ha corso il Giro dell’Oman da protagonista. Ha lottato con i migliori al mondo. E se sull’arrivo in salita ha perso da Rodriguez e Froome, è anche vero che si è messo alle spalle Contador e Nibali. Poi in classifica finale l’hanno preceduto soltanto Froome e Contador. Pedalata e posizione in bici non sono mai state un inno all’estetica, ma stanno ritrovando efficacia. Condizione indispensabile per dimostrare al mondo che si può essere al top anche a 36 anni. E, perché no, cercare di vincere ancora il Tour de France, ottenendo un bis che sarebbe ancora più clamoroso rispetto al primo successo, il primo della storia per un australiano. Prospettive «Ai media piace parlare dell’età, dei vincitori più vecchi e cose del genere— racconta —. Personalmente non mi vedo fare il ciclista professionista a 40 anni, ma l’entusiasmo che ho adesso forse è il più grande che abbia mai avuto. Quando sei giovane hai energia e tanti desideri, ma più avanti hai l’esperienza che ti aiuta a scoprire quello che prima non sapevi». E così ci sarà tempo per affrontare il possibi- le dualismo interno alla Bmc con il giovane e affamato Tejay Van Garderen, l’americano quinto e maglia bianca all’ultimo Tour. «Non sarà il solito Tour scontato all’inizio— spiega Evans —. Già in Corsica le tappe non saranno facili. Mi pare più equilibrato dell’ultimo quanto al rapporto tra salite e crono. Penso che si deciderà in montagna. Le tappe chiave? La doppia Alpe d’Huez e la seconda crono, molto impegnativa». Famiglia Cadel tornerà presto ad attaccare il numero sulla schiena. Lo farà domenica al Gp Lugano, poi le Strade Bianche (sabato 2 marzo), prima del nuovo show-down con tutti i migliori, Contador e Froome in testa, alla Tirreno-Adriatico, la corsa Gazzetta che lui vinse due edizioni fa. «Ma in Oman c’era una media di quasi trenta gradi, magari lì troveremo la neve...» commenta. La priorità adesso però è riabbracciare, nella casa di Stabio, nel Canton Ticino, la moglie Chiara Passerini e il figlioletto Robel, il bambino etiope adottato a Natale 2011. Giù dal podio finale dell’Oman, è scoppiato a ridere vedendo sul blackberry una foto di Robel con una coda di coccodrillo, regalo di un suo tifoso australiano — si fa chiamare «Criket Cadel» — che ha seguito vestito proprio da alligatore tutto il vittorioso Tour 2011. «Io spero di essere un buon padre. Robel è proprio un bravo bambino. La cosa che mi colpisce di più è la sua capacità di imparare. La sua mente è una spugna». E allora la morale è che la motivazione non è solo quella che ti fa pedalare più forte che puoi: «E’ vero. Ci pensavo giusto l’altro giorno. La responsabilità più grande di un genitore è proprio quella di essere un buon esempio per i figli. E io voglio esserlo. Devo esserlo».