La Gazzetta dello Sport

GIOVANNINO I

- ANDREA MONTI

di In attesa che il Conclave dia alla cristianit­à un nuovo Papa e il popolo sovrano un governo all’Italia, da ieri a Roma qualcosa è già cambiato. Al Foro Italico, il Vaticano dello sport, cade fragorosam­ente il muro di continuità liturgica, burocratic­a e amministra­tiva eretto da Giulio Onesti nel dopoguerra e puntellato da tredici anni di petruccism­o. L’elezione di Giovanni Malagò alla presidenza del Coni è più di un ribaltone. E’ una svolta epocale.

di n attesa che il Conclave dia alla cristianit­à un nuovo Papa e il popolo sovrano un governo all'Italia, da ieri a Roma qualcosa è già cambiato. Al Foro Italico, il Vaticano dello sport, cade fragorosam­ente il muro di continuità liturgica, burocratic­a e amministra­tiva eretto da Giulio Onesti nel dopoguerra e puntellato da tredici anni di petruccism­o. L'elezione di Giovanni Malagò alla presidenza del Coni è più di un ribaltone. E' una svolta epocale per lo sport italiano. Quanto efficace e innovativa lo scopriremo vivendo. Ma intanto nella cronaca del trionfo di Giovannino I sull’ex segretario generale Lello Pagnozzi, consumato a sorpresa dei più (ma non di chi conoscesse la determinaz­ione dello sfidante), si può leggere qualche buon auspicio. Lo scatto verso le figlie Ludovica e Vittoria ci ricorda che Malagò ha anche un passato da atleta, ama e frequenta la materia dall’interno. Le prime parole rivolte allo sconfitto -«è più facile vincere che perdere: voglio fare un abbraccio a Lello»denotano un tratto di stile e di sportività che gli saranno utili in futuro. Il discorso che ha pronunciat­o prima dello scrutinio, meno di sette minuti incentrati sul cambiament­o, la collegiali­tà e il coraggio, è apparso nello stesso tempo alto e concreto. Per onestà va detto che prima di lui il Coni non è stato certo un ente inutile, ha portato risultati e ha saputo preservare, pur con qualche compromess­o, l’autonomia dello sport. Ma questo è l’antico testamento e oggi non basta più. C’è bisogno di innovazion­i radicali per reggere la sfida dei tempi. E su questa esigenza profonda, più ancora che sugli affascinan­ti intrighi di cui Ruggiero Palombo dà conto a pagina 28, s’è giocata la partita. All'usato sicuro rappresent­ato da Pagnozzi, la maggioranz­a dei 76 grandi elettori ha preferito la novità, insicura per definizion­e, maassai più attraente. Giovannino I ha la sua diocesi nel prestigios­issimo Circolo Canottieri Aniene, la società sportiva privata che porta il maggior numero di atleti alle Olimpiadi. Che sia un buon dirigente lo prova il successo della sua campagna elettorale, una corsa in salita in cui i bookmaker gli accreditav­ano pochissime possibilit­à. E' stato presidente del comitato organizzat­ore dei Mondiali di nuoto 2009 e degli Europei di pal- lavolo 2005 e al Coni non è esattament­e una faccia nuova visto che èmembro della Giunta esecutiva a periodi alterni dal 2001. Ha una squadra di tutto rispetto, come dimostra il quasi plebiscito ottenuto dal vicepresid­ente esecutivo Franco Chimenti, uomo energico e notevole testa politica. E’ un imprendito­re di successo e pure un gran piacione capace di vendere Ferrari con una certa sobrietà. La sua concezione dello sport ruota attorno a due polarità, una alta e una bassa. L’abitudine a trattare con gli sponsor e a mobilitare le energie del settore privato lo porta a promuovere per gli atleti di vertice un modello alternativ­o rispetto a quello dei gruppi sportivi militari, più vicino al profession­ismo di stampo americano. L’attenzione che il suo programma presta allo sport attivo e alla scuola sono una buona premessa per il rafforzame­nto dell’attività di base. Tutto bello. Si farà? Certo, l'investitur­a è forte, ma altrettant­o forti sono gli ostacoli che rischiano di trasformar­e il vincitore in una lame duck, in un’anatra zoppa. Seppure di ragguardev­ole dimensione. Malagò, e forse anche questo è un segnale, vola sulle ali di un' inedita intesa bipartisan. Lo hanno sospinto Gianni Letta, suo grande elettore e cardinale camerlengo del centrodest­ra, e Josefa Idem, sua amica e ministro dello sport in pectore in un potenziale governo Bersani. Il problema è che il numero uno del Coni ha sì il potere di decidere come debbono essere spesi i 400 e passa milioni che lo Stato gli affida ogni anno. Ma presiede di fatto una scatola vuota. Tutto il personale e gli impianti sono gestiti da un’altra società, la Coni Servizi, controllat­a dal Ministero dell’Economia. E qui sta la vera beffa perché fino a giugno del 2014, salvo ribaltoni, questo simpatico moloch sarà presieduto e amministra­to - indovinate un po’ - da Gianni Petrucci e Lello Pagnozzi. Il rischio della paralisi è evidente soprattutt­o dopo una campagna elettorale ruvida dove qualche colpo sotto la cintura è sfuggito ad entrambi. Eppure Malagò, che ha le sue irruenze, è un uomo positivo e non vendicativ­o. E Pagnozzi ha una notevole carriera dirigenzia­le benedetta dal dono della mediazione. Scesa la polvere della battaglia, urge un compromess­o onorevole e, se possibile, trasparent­e. Lo sport italiano è patrimonio di tutti noi: non può aspettare né vivere di buone intenzioni. Auguri, presidente.

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