Ormai è Siena ridens «Emeghara è un mix di Suazo e Inzaghi»
Iachini e il nuovo fenomeno: «Umile e intelligente Da uno a dieci ora abbiamo sei possibilità di salvarci»
Prigioniero del luogo comunedell’allenatore tutto grinta e cappellino. E però le squadre di Beppe Iachini giocano bene, come dimostra il Siena degli ultimi tempi, capace di bastonare Inter e Lazio. Organizzazione e cura dei dettagli. Palla a terra e attacco alla profondità. Rarissimi i lanci nel nulla, tipici di chi non ha un’idea di gioco. Si consiglia di rivedere i primi due gol di lunedì sera alla Lazio: praticamente identici e figli di movimenti ripetuti chissà quante volte negli allenamenti. «Si appiccicano etichette senza conoscere i metodi di lavoro, senza vedere le partite — ragiona Iachini con un filo di amarezza—. Ame piace parlare con i risultati, a parole non sono bravo. Sono stato un mediano da combattimento, però come tecnico inseguo la qualità». Nell’immaginario di molti lei è catalogato come difensivista. «AllaSamp schieravo il trequartista e due punte. Qui abbiamo un esterno molto offensivo (Rubin, ndr), più Sestu, Rosina ed Emeghara. Cerchiamo di coinvolgere cinque-sei giocatori in ogni attacco alla porta avversaria, non pochi per una formazione che deve salvarsi». Prossima fermata Torino, a casa Juventus. Conte è venuto a vedervi contro la Lazio. «Mi ha fatto piacere, significa che ci rispetta. Antonio e io veniamo dal marciapiede, non ci hanno calato dall’alto. Oggi Conte è il migliore di tutti noi». Come si ferma la Juve? «Con l’obiettivo di andare a Torino per segnare almeno un gol. Difendersi e basta non può bastare. A centrocampo i bianconeri sono formidabili: Pirlo, Marchisio, Vidal. Dovremo essere perfetti nella fase di non possesso palla e inventarci
qualcosa in avanti». L’ha mai battuta la Juve? «Da giocatore sì. Da allenatore mai, il "massimo" è stato un 1-1 con il Brescia». Da uno a dieci quante possibilità ha il Siena di salvarsi? «Oggi dico sei. La salvezza è difficile, non impossibile». Emegharacomel’avete scoperto? «Il "direttore" Stefano Antonelli e Vincenzo Mirra (collaboratore di Antonelli, ndr) mi hanno portato i dvd di diversi giocatori. Li abbiamo visionati, ho letto le relazioni e ci siamo decisi per Emeghara perché era il tipo di attaccante che cercavo. Però i dvd sono stati l’ultimo passaggio, prima il giocatore era stato osservato sul campo da Antonelli e Mirra». Chi le ricorda «Eme»? «Il primo Suazo per la capacità di dare profondità e Pippo Inzaghi per i movimenti nei sedici metri. È umile e intelligente, in allenamento si impegna, e i compagni sono stati bravi a farlo integrare subito». Iachini, lei nel 2012 ha riportato in Serie A la Samp e però non è stato confermato. Strano. «Vero, è stato strano». Che cosa è successo? «Qualcuno alla Samp diceva che non avevo il profilo. In effetti sono brutto di faccia e di profilo (ride, ndr) ». Qualcuno chi? «Non i Garrone, assolutamente no. Sia il padre (scomparso di recente, ndr) sia il figlio mi hanno dimostrato stima e riconoscenza. Loro volevano che rimanessi. Emi è dispiaciuto per l’esonero di Ciro Ferrara, il mio successore. Non ce l’ho con lui, lo reputo un amico e gli auguro di rifarsi. Ho preso la Samp in un brutto momento; ho valorizzato giovani come Icardi, Krsticic, Obiang, Rossini, Soriano; ho riportato la squadra in Serie A. Non è bastato». Questione di immagine? «Da giocatore ho avuto allenatori come Mazzone, Bagnoli, Boskov e Radice. Mi hanno insegnato che conta essere bravi sul campo, non fuori». Non sarà colpa del cappellino? Forse, se lo togliesse... «Il cappellino non è un vezzo, mauna necessità: lo metto perché ho gli occhi chiari, il pigmento delicato. Soffro la luce e i suoi riflessi, la visiera mi protegge. Se di sera portassi gli occhiali scuri, sarei più ridicolo ancora».