Questo Barça forse è arrivato auncapolinea
dalla primavera del 2008 che non si vedeva un Barça in stato di shock, ridotto ai minimi termini, debole ed estremamente umano. Cinque anni fa, prima dell'arrivo di Guardiola, aveva concluso il campionato a 18 punti dal Real Madrid, una buona squadra ma non certo irresistibile. Il Barcellona dell'epoca sembrava invece una squadra imperiale, infarcita di giocatori di livello mondiale: Ronaldinho, Messi, Henry, Eto’o, Xavi, Iniesta, Deco, Yayá Touré, Puyol, Zambrotta, Víctor Valdés e Abidal, tra gli altri. Tuttavia nel corso di quella stagione colui che maggiormente impressionò fu un ragazzo di 18 anni: Bojan Krkic. Questo dato la dice lunga sul rovinoso stato fisico, mentale e calcistico di quella squadra. Da allora il Barcellona ha vinto molto e perso poco. Pep Guardiola l'ha trasformato in una macchina calcistica ed emozionale perfetta. Quel Barça veniva acclamato per la bellezza e l'unicità del gioco espresso, ma si distingueva anche per la solidità difensiva e per il coraggio sempre mostrato nell'affrontare, come un titano, le giornate storte e i peggiori scenari possibili. Raramente ha perso con più di un gol di scarto. E solo una volta in Champions: nella celebre sconfitta contro l'Inter di Mourinho. In quell'occasione il Barcellona giocò male, però non gli mancarono né le opportunità né il coraggio per spaventare i nerazzurri. La sconfitta di mercoledì è un' altra cosa, ha proporzioni bibliche, non è paragonabile a nessuna di quelle patite negli ultimi anni. Al Milan si debbono riconoscere tutti i meriti possibili: la perfezione difensiva, la grande intensità, l'impressionante attenzione per i dettagli, la pazienza con cui ha atteso le proprie opportunità, la facilità con cui ha disinnescato Messi senza ricorrere alla violenza, insomma, tutti quegli accorgimenti che hanno consentito di annientare, polverizzandola, la squadra più prestigiosa del mondo. Nessuno era riuscito a trasformare il Barça in una squadra anonima, qualsiasi, senza risorse, senza identità e senza emozioni. Quanto accaduto sul pessimo campo di San Siro — le squadre che vogliono disporre di un buon terreno di gioco riescono ad averlo— è una novità in piena regola, con tutto quello che può significare. La stampa di Barcellona ha reagito con stupore. La stampa catalana chiede alla propria squadra una notte magica nella partita di ritorno contro il Milan: una richiesta che contraddice e deforma le peculiarità del Barça, i cui successi dipendono dal metodo, dalla tecnica e dalla pazienza. Il caos creativo e la febbre emozionale sono stati sempre detestati: il Barcellona teme, come nessun'altra cosa la mondo, la mancanza di controllo. Pertanto l'appello ad una reazione viscerale non ha senso. Sarà interessante vedere come reagiranno i giocatori dinnanzi ad una situazione assolutamente inedita. Le conseguenze di questo tipo di sconfitte risultano di solito estremamente dannose, e a volte comportano un cambio di epoca. Lo sapremo nelle prossime settimane. Fino ad oggi si è visto un Barcellona superlativo, vincitore di 14 titoli negli ultimi quattro anni, di 2 Champions League, sempre semifinalista dal 2007 e, in qualche modo, essenziale per i trionfi della nazionale spagnola a partire dagli Europei del 2008. È inutile ricorrere a considerazioni di natura tattica per giustificare la sconfitta. Il Barça è sceso in campo con la migliore formazione possibile. Ad eccezione dell'eroico Puyol, gli altri giocatori sono stati l'ombra di sé stessi. La squadra ha dimostrato di essere spremuta ed esausta. Ora si trova in uno stato di shock e in una situazione pericolosa: alla ricerca di una leadership calcistica e mentale proprio quando Tito Vilanova, il suo allenatore, si trova a New York per combattere la sua personale battaglia contro il cancro. Da fuori, il peso che dovrà sopportare Rouras, che solo un anno fa era il terzo allenatore della squadra, sembra eccessivo. Ai giocatori spetta l'arduo compito di capovolgere una situazione estremamente complicata. Gli stessi giocatori che sono sembrati assenti e disorientati mercoledì a San Siro, in quella che forse è stata la Trafalgar del Barça in Europa.