Anconetani e quello schiaffo per uno sbaglio
Quando faceva il mediatore aggredì Ferlaino: «Hai preso Braglia senza il mio permesso!» Si confuse con Braida: poi scuse e champagne
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L’Italia del 1973 non è un posto tranquillo. La situazione politica è, come al solito, al collasso. La lira vale pochissimo, l’inflazione sale, la gente non sa come arrivare a fine mese. Per le strade si spara: studenti contro poliziotti, operai contro forze dell’ordine, terroristi rossi contro terroristi neri. Il Paese pare impazzito e tutti gli ambienti della società sono coinvolti in questa discesa all’inferno. Anche il calcio.
Affari Al mercato non ci si aspettano grandi colpi, i soldi sono pochi e tra le stanze degli alberghi dove si svolgono le trattative circolano stancamente i soliti personaggi: presidenti in cerca di un affare a basso prezzo, direttori sportivi che imbastiscono qualche scambio senza mettere mano al portafoglio, e i soliti faccendieri e mediatori che tentano di piazzare questo o quel calciatore. Di quest’ultimo gruppo fa parte un signore che, in realtà, agisce «sotto copertura». È squalificato, non potrebbe aggirarsi in quei posti, però tutti chiudono gli occhi e lo fanno lavorare. Si chiama Romeo Anconetani, meglio conosciuto come «Mister 5 per cento»: tanto vale la sua consulenza quando riesce a far sì che due società si mettano d’accordo sul destino di un giocatore. A forza di mediazioni è diventato ricco e ha organizzato una vera e propria agenzia: ha di- versi collaboratori, controlla molti calciatori, ne decide l’acquisto o la cessione. Un personaggio tanto pittoresco quanto potente. Quell’estate il presidente del Napoli Corrado Ferlaino decide di regalarsi un centravanti e sceglie Giorgio Braglia, non proprio un fenomeno. Ferlaino, tuttavia, è convinto di aver trovato l’attaccante giusto. Sa che Braglia è un tipo un po’ particolare, capelli lunghi, una faccia da hippie, ama suonare la chitarra e non viene descritto come un fanatico del lavoro e degli allenamenti. Ma va bene così. In pochi giorni Ferlaino si accorda con la Fiorentina, proprietaria del cartellino del giocatore, e lo acquista. Per l’affa- re non deve sborsare molti soldi e in tempi di magra questa è la cosa che conta di più. Con il contratto di Braglia in tasca Ferlaino si aggira soddisfatto per la hall dell’albergo che ospita il calciomercato, parla con alcuni collaboratori e poi si concede una pausa per un caffè.
Urla È proprio in questo momento che una scena tranquilla si trasforma in Far West tra lo sconcerto dei numerosi testimoni. La voce stridula di Anconetani riempie la sala del bar, il mediatore squalificato si avvicina minaccioso al bancone. Urla all’indirizzo di Ferlaino, e non sono parole dolci. Insulta, manda a quel paese il presidente del Napoli, lo offende pesantemente. «Non ti devi mai più permettere di acquistare un mio giocatore senza il mio permesso. Braglia è mio, te lo devi mettere in testa. Tu non puoi fare affari senza il mio consenso!». Ferlaino, sorpreso, tenta una timida reazione. Prova a replicare, ma non fa in tempo ad aprire bocca che Anconetani gli mette le mani addosso. Volano uno, due, tre schiaffoni. Poi l’aggressione viene fermata dall’intervento di un collaboratore di Anconetani che lo trattiene e lo porta via. «Lui non può comprare un mio giocatore, non può...» continua a urlare Anconetani mentre a forza viene allontanato.
Malinteso Passano alcuni minuti e sembra tornata la calma. Anconetani è seduto su un divano nella hall dell’albergo e parla con uno dei suoi uomini. «Ha comprato Braglia, quello è uno dei nostri» dice. E il suo interlocutore: «Braglia? No, commendatore. Si sta sbagliando. Braglia noi non ce l’abbiamo. Abbiamo Braida, non Braglia » . Anconetani sbianca in volto: ha appena dato tre ceffoni a Ferlaino senza motivo... E adesso come si fa? Con mossa da uomo di mondo, si fa consegnare un foglio da un cameriere, scrive di suo pugno le scuse al presidente del Napoli, spiegando il malinteso, e gliele fa consegnare immediatamente in camera. Dopo dieci minuti un altro cameriere si avvicina ad Anconetani e gli porge un biglietto su un vassoio d’argento. «Venga su da me che brindiamo a champagne». Firmato Corrado Ferlaino.