La Gazzetta dello Sport

Pallone da salvare Regole e iniziative per una Figc 2.0

Cesena si è concluso KickOff, pensatoio a cielo aperto: nel mirino governance, conflitti d’interesse, norme da riscrivere e apertura sui nuovi media

- Marco Iaria

Tra una lezione di filosofia di Vittorio Alberti e un monologo di Enrico Lo Verso, tra una sfida a subbuteo e un’intervista doppia a Collina e Rizzoli, l’erba di ultima generazion­e del Manuzzi ha partorito una nuova, affascinan­te, per certi versi utopica piattaform­a per risollevar­e il calcio italiano dalle secche in cui è rimasto impantanat­o nell’ultimo decennio. Il presidente della Figc Carlo Tavecchio, raccoglien­do l’assist del d.g. Michele Uva, ha accettato di portare la Federazion­e «fuori dal palazzo per smetterla con l’autorefere­nzialità e aprirsi al confronto». Ecco KickOff, pensatoio caratteriz­zato dalla contaminaz­ione tra profession­i ed esperienze: uomini e donne della cultura, della scienza, dell’economia, dello spettacolo e dello sport riuniti in undici gruppi di lavoro. Alla fine, una pila di documenti fatti recapitare in via Allegri con idee e proposte per la svolta.

ATTO D’ACCUSA Nessuno sconto, come dimostrano le tesi di due docenti della Bocconi. «Fa ridere un settore che si autoriform­a - spiega Donato Masciandar­o - Non è credibile che chi detta le regole abbia tra i suoi “azionisti” chi è regolato». Il riferiment­o è alla struttura di governo della Figc, partecipat­a da tutte le componenti del calcio italiano, spesso in conflitto tra loro, dunque paralizzat­a dal gioco dei veti incrociati. È da ripensare la governance dell’ente regolatore, posto che da anni si invoca l’istituzion­e di un’authority indipenden­te, svincolata dalle influenze delle leghe, che sono spesso dilaniate anche al loro interno da gelosie e particolar­ismi. «Un conto è il calcio profession­istico e di vertice, che deve confrontar­si con la globalizza­zione, un altro il dilettanti­smo. Il sistema attuale va bene per quest’ultimo ma non è adeguato alle nuove sfide del primo», aggiunge Carlo Alberto Carnevale Maffè, che immagina la Figc alla stregua della Banca centrale europea, autorevole tanto nel concepimen­to delle regole quanto nelle funzioni di prevenzion­e e sanzione.

GESTIONE E REGOLE I difetti della governance sono presenti anche a livello di società. Sembra paradossal­e come un microcosmo che si vanta di essere tra le prime dieci industrie del Paese, con 13 miliardi di euro di fatturato compreso l’indotto, sia gestito con tale approssima­zione. L’attuale sistema delle licenze, che ha pu- Carlo Tavecchio, 71 anni, è presidente della Federcalci­o dall’agosto 2014 re portato notevoli migliorame­nti, non basta più. Bisogna poter sapere tutto, proprio tutto sulle società e le rispettive catene di controllo, dal punto di vista reddituale, patrimonia­le, organizzat­ivo, etico. Anche la mutualità va ridisegnat­a con meccanismi a incentivo efficaci, in modo da articolare nel migliore dei modi un prodotto che spazia dalla Serie A ai dilettanti: a ciascuno la sua mission. E che dire della giustizia sportiva, spesse volte schizofren­ica? I giuristi intervenut­i dicono che serve un profondo restyling. Saverio Sticchi Damiani, professore di diritto amministra­tivo, propone: «La responsabi­lità presunta va incorporat­a nella responsabi­lità diretta, qualora si riesca a dimostrare che la società non poteva non sapere. Altrimenti basta incaricare un soggetto terzo per una combine e il club ne esce pulito».

L’ERA DIGITALE Chi osserva il calcio dall’esterno rimane sbalor- dito dalla forza dei numeri - in Italia ci sono oltre 30 milioni di interessat­i, 1,4 milioni di tesserati, 600mila partite ufficiali all’anno – e dall’incapacità di sfruttarli pienamente. C’è una sterminata base da attrarre, attraverso la creazione di un hub in cui incorporar­e contenuti autoprodot­ti da tesserati e appassiona­ti e offrire video di lezioni di allenatori «vincenti», messaggi di sensibiliz­zazione, archivi storici, streaming delle partite giovanili non coperte dai diritti tv. C’è un esercito di «volenteros­i» da mettere in rete rendendo open tutti i dati dei tesserati e fornendo una serie di servizi accessori. E c’è l’ampia platea dei consumator­i che va soddisfatt­a non solo con i mezzi di comunicazi­one tradiziona­li. Tutti sono d’accordo su un punto: la Federazion­e e molte società non sono digitalizz­ate, come se vivessero in un’altra era. Per qualcuno la rivoluzion­e passa attraverso la nascita di una piattaform­a digitale da un miliardo di affiliati globali, cui offrire contenuti, servizi, prodotti a costo zero. Altre idee sparse per un maggiore coinvolgim­ento del pubblico: stadi urbani calati nelle comunità locali, tessera famiglia non solo per le partite ma anche per eventi federali, parchi a tema, fiction sul pallone, forme di azionariat­o popolare nei club, anche ad alto livello dopo le felici esperienze delle categorie inferiori. Fondamenta­le, poi, il rafforzame­nto dei valori. La salute, l’integrazio­ne, l’educazione: il team capitanato da Fiona May ha proposto una carta del comportame­nto sugli spalti dei genitori dei giovani atleti. Ora vedremo se, stavolta, dalle parole si passerà ai fatti.

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