La Gazzetta dello Sport

Di Livio applaude «Se lavori bene Firenze ti ama»

- Marco Calabresi

E’nel destino degli ex juventini dover conquistar­e due volte Firenze. La prima per vincere i pregiudizi legati al passato: superata quella fase, c’è la seconda, per entrare nel cuore dei tifosi. Ci sono riusciti i giocatori, ma pure gli allenatori, da Trapattoni a Prandelli. La missione ora tocca a Paulo Sousa, ieri accolto con qualche sciarpa dai tifosi della Fiorentina, gli stessi che nei giorni scorsi avevano imbrattato muri e cassonetti con scritte come «Sousa gobbo di m…». «Ma il passato alla Juventus non significa niente, se fai bene il tuo lavoro».

Angelo Di Livio, in che senso?

«Che se uno dimostra di essere un profession­ista, innamorato del suo lavoro, il passato conta poco. Firenze è una piazza che si innamora di gente che dà tutto per la maglia».

Successe anche con lei?

«Venivo dalla Juventus, sono rimasto a Firenze sei anni e in ogni partita ho dato tutto per questa maglia, non solo in Serie A, ma anche in categorie inferiori. Non c’è un segreto per fare bene con la Fiorentina o far ricredere i tifosi: serve solo lavorare».

Quando giocavate insieme nella Juventus, Paulo Sousa dava l’impression­e di poter diventare allenatore di livello internazio­nale?

«Quando si giocava si pensava al campo: nessuno di noi si vedeva vent’anni dopo. Una cosa, però, me la ricordo bene: era un giocatore straordina­rio, intelligen­tissimo. Con lui, la palla cantava anziché rotolare: non ricordo uno straniero in grado di avere un impatto simile con il calcio italiano. Fece una prima stagione (1994-95, ndr) incredibil­e».

Potrà avere la stessa precocità nell’abituarsi alla serie A da allenatore?

«Sono convinto che abbia i mezzi per farlo. Con il suo Basilea in Champions, non mi sono mai annoiato».

Dovesse fare un paragone con un allenatore italiano?

«Per certi aspetti mi ricorda Montella, un altro che per vincere è sempre voluto passare per il bel gioco».

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