La Gazzetta dello Sport

Il generale Medel comanda il Cile

È l’uomo che conta nello spogliatoi­o e il web lo trasforma in supereroe a forza di battute

- Giulio Di Feo

Alla fermata del bus i ragazzini si passano di mano uno smartphone e si sfasciano dalle risate. Chiediamo di partecipar­e, e sullo schermo c’è un tweet: «Quando Medel sale sull’aereo, il pilota mette il telefono in modalità Gary». Bella, oggettivam­ente, ma se vuoi metterti a leggerle tutte passa la giornata in un attimo: i tipo quelli celebri per Chuck Norris, sono la moda del momento, dal tam tam dei social hanno contagiato le prime pagine dei giornali e ogni discorso da una settimana a questa parte. Dopo il caso Cavani hanno provato a diffonders­i anche gli intrisi di un umorismo più pecoreccio, ma hanno attecchito meno. La rete non fa che rispecchia­re le gerarchie: Jara è un soldato che ha fatto del lavoro sporco, Medel è un generale.

SACRIFICIO E COMANDO Se Vidal è il leader emotivo, e Sanchez e Valdivia sono quelli che ti accendono la manovra in campo, il Pitbull è l’uomo di comando in spogliatoi­o. Parla poco, in zona mista sorride e scappa via, però lo capisci dai gesti. Dopo il 3-3 con il Messi- co, per esempio, è stato lui che ha richiamato i compagni che si avviavano mesti in spogliatoi­o a salutare i tifosi del Nacional. Dopo lo schianto in Ferrari di Arturo, il suo tweet in difesa del compagno è stato uno dei primi: «Sto con te adesso più che mai, siamo una squadra e andremo avanti uniti». Come a dire: ha sbagliato ma non si tocca, è uno di noi. Medel è il simbolo di chi viene da un barrio difficile, di chi ce la fa mettendo anche il sacrificio sul piatto del trionfo. Un anno fa al Mondiale prima degli ottavi contro il Brasile si procurò uno strappo di 8 millimetri al qua- dricipite: con l’aiuto di un cerotto elastico resistette 107’ prima di abbandonar­e piangendo il Mineirao. Un gesto che commosse il paese, al punto che il capo dell’esercito Humberto Oviedo volle consegnarg­li di persona una medaglia. Al momento della premiazion­e Gary parlò: «Mi identifico con tutti i soldati cileni perché sono un guerriero anch’io, e un guerriero non dice mai di no».

UOMO CHIAVE Medel è anche fondamenta­le nello scacchiere di Sampaoli: è quello che comanda la difesa. Non è il prototipo del difensore gigante, ma di testa si fa rispettare, parla con i compagni, gioca bene d’anticipo e a ogni pallone recuperato mette anche visione di gioco (non ampia, ma pulita). Finora ha fatto da padrone nella sua area, al punto di chiedersi come mai nell’ultima stagione passata in nerazzurro né Mazzarri né Mancini l’abbiano usato sempre e solo da mediano senza mai sperimenta­rlo nel ruolo, anche quando l’Inter era in emergenza difensiva. Ovvio, la Copa America impone anche standard più «sudamerica­ni», però Sampaoli in avviciname­nto ha fatto tante prove senza mai toccare lui.

FUTURO Prima della Copa Medel era sicuro che il suo Cile avrebbe fatto grandi cose: «Anche al Mondiale non ci sentivamo inferiori e lo abbiamo dimostrato. E poi abbiamo Sanchez, il miglior giocatore di sempre del paese, il nostro Messi. L’Inter? Arrivarci dalla Premier League è stato un cambio forte, i risultati non sono arrivati ma arriverann­o», aveva detto in tv a Santiago. In attesa del Perù, e di Guerrero, altro combattent­e mica da ridere, posta una foto con tutto il Cile a cena e lui a capotavola. Ah, si era anche espresso sui

«Grazie, li ho letti tutti. Erano oltre 100, ma in un minuto ce l’ho fatta».

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