La Gazzetta dello Sport

Se le violenze sui giocatori puzzano di mafia

Report dell’Aic denuncia 52 azioni intimidato­rie nel 2014-15. Sempre più spesso il confine fra curva e cosca si fa labile

- Andrea Luchetta

ualche goccia nel mare o poco più, ma almeno si inizia a contarle. Il rapporto dell’Aic

presentato ieri a Milano ha censito 52 «azioni intimidato­rie» ai danni di squadre e giocatori nel 2014-15, dalla Terza categoria alla Serie A. Il rapporto si limita a conteggiar­e gli episodi riportati sulla stampa e le segnalazio­ni delle sedi locali Aic. Molte denunce sono rimaste segrete per volontà degli autori, e ancor più spesso le vittime tendono a tacere gli abusi. Il risultato , si può sospettare, è che la «cifra oscura» ecceda quella nota. Ma — dice Damiano Tommasi, n. 1 dell’Aic — fondamenta­le è cominciare a descrivere il fenomeno.

ASSUEFAZIO­NE Per Tommasi il primo nemico è l’assuefazio­ne all’interno degli spogliatoi: l’idea che dopo una sconfitta un paio di ceffoni faccia parte del pacchetto. «Non è così ovunque, come sa chi ha avuto la fortuna di giocare all’estero». Una china pericolosi­ssima: «Si arriva alla fine di Ciro Esposito perché tutto questo passa per normale » . Problema particolar­mente delicato al Sud, dove si è registrato il 48% degli episodi (26% nella sola Campania), contro il 30 del Centro e il 22 del Nord. Nel 13% dei casi si è giunti all’aggression­e fisica, nel 19 sono state danneggiat­e strutture dei club o beni dei calciatori. Il 57% degli abusi si è consumato all’interno degli stadi, trasformat­i in gogne dove al tifo esasperato si somma la volontà di sbandierar­e la supre- mazia e l’impunità negli impianti.

COSCHE Non sfugge come molti abusi siano compiuti in zone di forte radicament­o del crimine organizzat­o. Sempre più spesso le frange violente del tifo agiscono come gruppi criminali strutturat­i. Pierpaolo Romani — coordinato­re nazionale dell’associazio­ne antimafia «Avviso Pubblico» e responsabi­le dell’Osservator­io Aic — ricorda il monito del magistrato Antonello Ardituro, secondo il quale i gruppi ultrà tendono a riprodurre caratteris­tiche proprie delle cosche: «La forte selezione all’ingresso; la condivisio­ne di una serie di regole in cui la violenza costituisc­e il pilastro fondamenta­le; l’omertà trasversal­e al mondo del tifo, non limitata ai soli compagni di curva; e il ricorso a elementi simbolici, come i tatuaggi, che denotano l’appartenen­za al gruppo». Evoluzione non casuale, specie alla luce delle infiltrazi­oni delle mafie nei club. Il sospetto è che la violenza venga esercitata anche per ragioni diverse dalla competizio­ne sportiva: per accomodare un risultato su cui scommetter­e, magari. Fa riflettere che il 71% degli abusi sia stato compiuto dai tifosi della stessa squadra colpita. Tutto ciò detto, sottolinea Tommasi, il tifo sano esiste eccome: e nello sforzo di sradicare i gruppi criminali, bisogna stare attenti «a non recidere i legami fra squadre e supporter genuini, che vanno incentivat­i».

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ANSA I giocatori della Roma minacciati dopo lo 0-3 con la Fiorentina all’Olimpico il 19 marzo scorso

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