La Gazzetta dello Sport

PULVIRENTI HA SPENTO I SOGNI DI CATANIA

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prossimo arrivo primo». La pecora che si fa lupo, lo stolido che si fa furbo, l’ammissione disinvolta di chi ha capito le regole del gioco. Confessa Pulvirenti: «Ho comprato cinque partite a 100 mila euro l’una», che così detto sembra una gran cifra, tanto da giustifica­re investimen­ti occulti in scommesse che rendano il doppio. Ma anche se così non fosse, sarebbe egualmente un tornar di conti. A 100 mila euro l’una, e a comprarle tutte, le partite di serie B sarebbero costate 4 milioni: a ben vedere, tanto quanto un paio di buoni giocatori di categoria.

È altro che nella rovinosa, infame e a suo modo straordina­ria parabola di Pulvirenti, però, ci inquieta. Il destino da vinti verghiani toccato a un’intera città che per un decennio si è specchiata nella sua squadra di calcio, vivendone in simbiosi, con l’illusione che la serie A economicos­ociale fosse data in sorte nonostante la mafia, la crisi, le impietose tabelle sulla qualità della vita, i viadotti delle autostrade che si accartocci­ano. E che oggi rivede l’incubo del 1993: il dover ripartire da zero. Un colpo di spugna su otto campionati vissuti tra le grandi, con quella colonia di argentini sempre più numerosa, quei giocatori venduti bene o benissimo uno all’anno («Perché qui non si smobilita, si costruisce»), quelle gare a tu per tu con Juve, Milan e Inter, quella penultima stagione terminata all’ottavo posto, quella collezione di allenatori poi divenuti importanti (Zenga, Simeone, Mihajlovic, Montella), quel centro sportivo di Torre del Grifo «che averne al Nord...». E quel presidente uomo-disuccesso che apriva supermerca­ti, sfidava i colossi dell’aria col sogno di una compagnia tutta siciliana (anch’essa miserament­e fallita) e nei suoi alberghi a Taormina ospitava da pari Galliani e Lotito. Ieri al Tribunale di Catania si attendevan­o tifosi inferociti, il dispiegame­nto di forze era imponente, lo stesso Pulvirenti era arrivato “scortato” dai vigilantes di Torre del Grifo. Ma ad aspettarlo non c’era nessuno o quasi. Più della rabbia potè la rassegnazi­one. Verghiana.

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