La Gazzetta dello Sport

Nieminen nega l’ultimo ruggito al leone Hewitt

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L’eco dell’ultimo «c’mon» si spegne dopo 4 ore intensissi­me di sudore e sangue, in quel clima da battaglia che Lleyton Hewitt, l’ultimo dei mohicani in un tennis ormai popolato solo da artiglieri, Federer a parte, ha sempre considerat­o il mare ideale in cui sguazzare con la sua inestingui­bile carica agonistica. Finisce qui per «Rusty», il biondo di Adelaide senza un colpo che spaccasse ma con cuore e gambe infiniti, capace di infilarsi nell’interregno tra Sampras e il Divino Roger per prendersi due Slam (Us Open 2001 e Wimbledon 2002) e il numero uno del mondo.

GUERRIERO Certo, Il copione ideale prevedeva un 2° turno contro Djokovic con l’onore del Centrale, per salutare per l’ultima volta i prati dell’antica glo- ria. Non ci sarà più, infatti, un viaggio a Church Road per Lleyton, battuto ma non sconfitto (11-9 al 5°) dall’altro veteraniss­imo Nieminen, pure lui sui passi del ritiro: l’australian­o giocherà ancora fino a Melbourne, chiudendo nello Slam di casa una carriera costruita sull’esaltazion­e spinta all’estremo dello spirito da combattent­e, così da andare ben oltre i limiti tecnici e fisici. Come ebbe a dire Roy Emerson, suo grande connaziona­le, Hewitt ha sempre giocato ogni punto come se andasse alla Seconda Guerra Mondiale.

ANGELO E DEMONE Per questo, come era già successo ad altri «cattivi» come Connors e McEnroe, ha diviso avversari e pubblico: amato oppure odiato, senza mezze misure. Due persone diverse nello stesso corpo, lo ha ammesso lui stesso: lottatore in campo, perché serviva per fare più punti possibili, ragazzo tran- quillo fuori, oggi padre affettuoso di 3 figli. Fedele a sé stesso fino all’ultimo colpo dell’ultima esibizione nel Tempio, perché nel 4° set contro Nieminen ha preso una stesa (6-0 con soli 4 punti fatti) che avrebbe ammazzato un toro e poi nel 5° si è arreso dopo 20 game e 3 match point annullati. Del resto, non sarebbe stato da Lleyton arrendersi senza spremere l’ultima stilla di sangue: «Questa è la casa del tennis, dovevo onorarla dando tutto me stesso». Il motto di una vita.

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AFP Lleyton Hewitt, 34enne australian­o, al suo ultimo Wimbledon

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