La Gazzetta dello Sport

«Non voglio più vedere quell’immagine di papà Mi pesa, mi perseguita»

Figlio di Fabio aveva 2 mesi quando il genitore morì il 18 luglio 1995 giù dal Portet d’Aspet: «Ochowicz non ci ha mai lasciati»

- Marco Pastonesi

novato, scadenza 2017), e ieri in questo frullatore impazzito chiamato Tour sono circolate addirittur­a voci — provenient­i da altre squadre — secondo le quali «Vino» avrebbe detto a NiNibali di cercarsi un altro team. Possibile verità,tà, fantacicli­smo o tentativo di destabiliz­zazione?e? Ma mentre ci sarà tempo di parlare di futuro,, e di un gruppo italiano all’interno dell’Astana na forse mai apprezzato fino in fondo, l’enigmamaNi­bali riferito a questo Tour de France resta at-attualissi­mo: «Quello che vedo io di Nibali — dicece l’allenatore Paolo Slongo — non ha spiegazion­ini fisiche e mediche. Mi dice “faccio due-tre minuuti al massimo e resto senza forze”. Di certo a La Pierre Saint Martin ha pedalato a 345 watti me-medi, che per lui significa il medio-basso. Il Nibaliali del 2014 sarebbe rimasto tra Quintana e Van an Garderen a La Pierre Saint Martin. Ritirarsi? si? Decidiamo dopo i Pirenei. Domattina (stamamane, ndr) faremo anche degli esami medici, ma-magari Vincenzo sta incubando qualcosa che lo frena, qui sta pedalando con il limitatore, quanndo accelera non va. In questo momento conta nta solo l’uomo, poi viene il ciclista».

Èil ritratto del padre. Stessi occhi, fondi. Stessi capelli, ribelli. Stesso fisico, longilineo. Stessa dolcezza, stessa mitezza, stessa bontà. Stessa fiducia, stesso ottimismo. Stessa voglia di scherzare, stesso bisogno di non prendersi mai troppo sul serio. Come se i lineamenti fossero rimasti custoditi, come se il carattere fosse rimasto protetto, come se il tempo non avesse voluto modificare, o forse come se il tempo, pentito, avesse voluto restituire quello che aveva scippato e cancellato con crudeltà e incoscienz­a.

NELLA CULLA Marco aveva due mesi e cinque giorni quando Fabio, suo padre, morì. L’anno, il 1995. Il mese, quello del Tour de France, luglio. Il giorno, il 18, un martedì, dopo il riposo. La tappa, la quindicesi­ma, la St.Girons-Cauterets-Cretes du Lys, 206 km pirenaici. E il luoggo, il Portet-d’Aspet, una strada nel bosco, in discesa. Non si sa se il primo a cadere fu lui o Dantete Rezze, un francese di famiglia italiana. Radiocorsa gracchiò: grave caduta (e non, sempplicem­ente, caduta). Erano le 11.45. Cadde, fra gli altri, anche Giancarlo Perini. Perini si rialzò da solo, Rezze venne tiratoto su da un dirupo con una cordda, Casartelli — che aveva sbattututo contro un paracarro di cemmento — rimase sull’asfalto, imimmobile sul fianco destro, in una posizione fetale, in una pozza di sangue. Sembrava un bambino che, sfinito, dormiva. E che non aveva voglia di essere svegliato. Poi l’elicottero, e il

SU PAPÀ FABIO

 ??  ?? Vincenzo Nibali e, sotto, il vincitore Rafal Majka
Vincenzo Nibali e, sotto, il vincitore Rafal Majka
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BETTINI Marco Casartelli all’ultimo Giro d’Italia con Fabio Aru
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BETTINI
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