La Gazzetta dello Sport

«Sognavo di vincere qui Ma ero in maglia gialla»

«Un mese fa m’ero immaginato un altro scenario. Però io sono come l’Atletico Madrid: non sai mai cosa aspettarti da me...»

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Aprovare questa tappa era venuto un mesetto fa con l’amico Alberto Losada. Peccato che avesse forato la ruota posteriore e non avesse né assistenza né ricambi. Purito Rodriguez aveva dovuto chiamare a casa – tra Plateau de Beille e Andorra, dove vive, ballano una sessantina di chilometri – per farsi venire a prendere dalla moglie. «Così sono tornato il giorno dopo — racconta divertito il 36enne spagnolo della Katusha — e pioveva tantissimo, come oggi (ieri, ndr). Mi sono immaginato vincitore della tappa, però sapete che si sogna in grande e io speravo di avere pure la maglia gialla…».

BATTUTE È simpatico, il catalano. Se n’è anche uscito con la battuta forse migliore della giornata. «Sono come l’Atletico Madrid ( lui tifa Barcellona, ndr). O tutto o niente. Non si sa mai che cosa aspettarsi da uno come me…». E mentre qualcuno gli consigliav­a di proporsi a Diego Simeone (l’allenatore dei Colchonero­s), sullo schermo ripassavan­o le immagini del trionfo. Rodriguez — che proprio il 16 luglio di 5 anni fa, a Mende, aveva vinto la sua prima tappa al Tour — si era buttato nella fuga di 22 che aveva caratteriz­zato la giornata, partita dopo lo sprint intermedio del chilometro 20 vinto da Greipel. Erano stati il campione del mondo Kwiatkowsk­i e il belga Vanmarcke a iniziare in testa l’ascesa di Plateau de Beille. Ma Purito ha scelto il momento giusto per liberarsi dalla compagnia di Fuglsang e Bardet, tornare sull’iridato polacco e involarsi a 8 chilometri dal traguardo, dove poi è stato festeggiat­o dalla moglie e dai figli Elsa e Pablo.

FUTURO «Non mi nascondo – confessa Purito, già vincitore di tappa sul Muro di Huy e pronto a rinnovare il contratto con la Katusha (manca solo la firma): ero venuto al Tour con altre prospettiv­e. E cioè lottare per il pri- mato. Ma nella tappa di La Pierre Saint Martin ho avuto una crisi di fame e l’ho pagata cara. Il giorno dopo sono caduto nel tratto di trasferime­nto e ho preso una botta a un’anca. Così, ho cambiato obiettivo (ora è 15° a 13’45”, ndr). Penso ai successi di giornata».

FILOSOFIA Prima di godersi l’abbraccio di famiglia e amici, l’ultima consideraz­ione: «Questa era la tappa regina, volevano vincerla tutti. Sono felice. Ri- flettendoc­i, nella mia carriera non sono stato fortunato. Ci sono state occasioni importanti­ssime, come il Giro 2012, la Vuelta 2012 o il Mondiale 2013, dove secondo me ero il più forte. E non ho vinto. Ma così è il ciclismo. Anche in questo Tour: fino al giorno prima pensavo alla generale, poi ho dovuto togliermel­a dalla testa. Ma non per questo ho finito di essere un protagonis­ta».

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BETTINI La gioia incontenib­ile di Joaquin Rodriguez, 36 anni: terza vittoria al Tour della carriera
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