A Mosca di padre in figlio È la saga dei Montano «Ormai sono come Rocky»
Fu argento ai Giochi del 1980 Aldo: «Continua la tradizione. E non è l’oro dell’addio»
Epoi dicono che non esistono le vere favole. Le poesie, come dice Aldo Montano, la superstar di un’Italia che sa gioire anche con gli uomini. L’aveva detto prima di salire in pedana: «Cerco nuove emozioni, e poi l’oro a squadre lo inseguo da una vita». Da quando debuttò 10 Mondiali fa, ed aveva toccato il cielo con il trionfo individuale, ma mai insieme ai compagni, soprattutto con quel Gigi Tarantino (che ora tutti sfottono perché sta ingrassando troppo) e con quel Diego Occhiuzzi con cui ha condiviso tante avventure. Dunque, Aldo potrà tornare oggi a Livorno e presentarsi ancora più fiero a papà Mario perché è salito su un gradino più alto anche se i Mondiali non sono i Giochi (il figlio è stato oro ad Atene 2004). RACCONTI «Quante storie mi ha raccontato, insieme al nonno sulle spedizioni russe » . Da Mosca ‘ 80, papà Montano tornò con l’argento, 35 anni dopo un figlio raggiunge l’oro «atteso da sempre, dalla prima volta a Lisbona nel 2002, quanti gare buttate via, 3 argenti, i bronzi». Compreso quello di Catania 2011, dove Aldo si prese il titolo da solo. Ma vuoi mettere gioie in compagnia? Aldo resta il miglior sciabolatore all’alba dei 36 anni, con vista Giochi 2016
Le medaglie di Montano ai Mondiali. La prima nel 2002 a Lisbona (argento a squadre). Quello di ieri è il 2° oro dopo quello individuale di Catania 2011 («ci penseremo da oggi»), e questo titolo non solo è il compendio di una carriera ricca di medaglie (4 olimpiche, 10 mondiali), di tradizione che si rinnova, ma il segno di un Montano intramontabile. «E’ una delle gioie che cercavo, prima di smettere, la medaglia più inseguita della mia vita». L’oro che non ha vinto con quartetti più blasonati, competitivi «ma con due mezzi vecchi e due mezzi giovani che verranno utili in futuro». INSEGUIMENTO Troppe volte come ad Antalya nel 2009, erano state gettate via occasionissime prima di questa, che il destino vuole proprio così: nella città della medaglia del padre, nel ventennale dell’ultimo oro. «Mi sono portato tutto in pedana, quegli ori gettai malamente ma anche quei fantasmi perciò sono contentissimo: sono riuscito a chiudere con freddezza». Aldo dice adesso che non sarà un ultimo Mondiale, nel senso che a maggio sempre a Rio il test event sarà dedicato alla sua arma: « Sono come Rocky, ci sarà un quinto, un sesto. Non è l’oro dell’addio, ma questa soddisfazione resta ineguagliabile. Sì, ho fatto come papà, siamo tornati felici, con qualcosa di bello da Mosca: ho chiuso la prova a squadre nella sciabola, nella patria della sciabola, a casa della potentissima Russia, per la mia famiglia è un momento anche simbolico: la tradizione continua». Per la nazionale russa lavora Christian Bauer, il suo ex mentore: «Ci siamo abbracciati, lui ha vinto tanto, gli avevo detto: lasciateci vincere qualcosa...». Ma Aldo è felice proprio per questo: «Ci davano per spacciati, la finale era già segnata e scritta, non ci sperava davvero nessuno: vincere qui ha valore doppio. Sono le classiche poesie che tu studi nel salotto di casa».