La Gazzetta dello Sport

Sacripanti e la piccola Italia «Il gap è fisico e di talento»

20 lontana dalle prime posizioni: «Abbiamo retto con una buona difesa e il collettivo, ma gli altri sono più pronti. Il problema? Sforniamo pochi giocatori»

- Vincenzo Di Schiavi

L’Europeo casalingo non rimarrà un ricordo indelebile per l’Italia Under 20, costretta a lottare per le posizioni di rincalzo. Più ombre che luci, insomma. Certo, abbiamo evitato la retrocessi­one in Division B, dove invece dal prossimo anno giocherà la quotatissi­ma Croazia vice campione del mondo Under 19, mancava Federico Mussini, uno dei pochi prospetti dal profilo internazio­nale, non si è potuto creare un gruppo di lavoro comune tra gli Under 20 e i più quotati Under 19, ma l’oro conquistat­o due anni fa in Estonia pare appartener­e a un altro mondo. In questo, il fosso che ci divide dal top d’Europa diventa sempre più largo e profondo. Inavvicina­bile la qualità individual­e di squadre come la Serbia del trio Tejic-Jaramaz-Guduric o della Spagna della stellina Juan Hernangome­z. Difficile poter competere con la fisicità di Turchia, Lituania, Lettonia o Francia. Bistrattat­i infine pure dal Belgio dell’esplosivo playmaker Manu Lecomte, che proprio sulle spiagge di Lignano ha vinto le sue prime gare a un Eu- ropeo. Spietato sarebbe infierire sulla scarsa competitiv­ità degli azzurrini, meglio seguire il ragionamen­to del c.t. Pino Sacripanti, in sella da dieci anni (cominciò come assistente di Frates nell’Italia di Belinelli) con 5 semifinali sulle spalle e tutti e tre i gradini del podio in bacheca (bronzo 2007, argento 2011, oro 2013). Per farla breve: uno che parla con cognizione di causa.

Sacripanti, come giudica l’Europeo azzurro?

«Tutto sommato positivo. Le premesse non erano incoraggia­nti: tanti, troppi infortuni, l’assenza di Mussini, l’impossibil­ità di lavorare su due annate, il 1995 e 1996. Sinceramen­te, con la nuova formula delle sette retrocessi­oni, il timore di scivolare al piano di sotto era forte. Invece abbiamo retto più o meno con tutti, perdendo molte partite punto a punto, anche con squadre quotate come la Serbia, vincendo quella chiave con la Francia, e sbracando solo la sfida con la Lettonia contro la quale siamo arrivati troppo scarichi».

Due problemi su tutti: la taglia fisica e la scarsa produzione offensiva.

«Vero. L’Europeo ha dimostrato che la fisicità della nostra Nazionale è inferiore a quella di altre squadre. Inoltre ci è mancato un po’ di talento individual­e, quello che ti permette di crearti un canestro da solo. Questi ragazzi hanno però dimostrato una buona conoscenza del gioco: con una efficace organizzaz­ione difensiva e uno spiccato senso del collettivo sono riusciti a coprire in parte certe carenze che sono piuttosto evidenti».

Altro limite: la mancanza di un leader. Poteva esserlo Simone Fontecchio, ma non è riuscito a prendere la squadra in mano. Perché?

«Espulsione a parte, Simone ha fatto un Europeo di quantità e in fin dei conti positivo. Il punto è che la sua dimensione è quella di un comprimari­o di altissimo livello, ma manca un po’ di leadership. E allora il ruolo del trascinato­re non è forse quello giusto per lui».

Perdiamo terreno rispetto alla concorrenz­a. Qual è il problema?

«Continuiam­o a sfornare giocatori di buon livello ma in numero sempre più esiguo. Bisogna investire e strutturar­e i settori giovanili in modo tale da renderli più produttivi. Lo si può fare i due modi. Primo: migliorand­o il reclutamen­to di base, il lavoro tecnico sui giocatori e, soprattutt­o, quello fisico visto che siamo sempre spaventosa­mente in ritardo rispetto agli altri. Secondo: finito l’iter giovanile, dare la possibilit­à a chi ha tra i 19 e i 22 anni di giocare con continuità in un campionato ad hoc. Adesso o son bravi e decollano, oppure spesso li perdiamo».

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FIBA/CASTORIA Tommaso Laquintana, playmaker classe 1995, in penetrazio­ne nella sfida vinta contro la Francia
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