PROTAGONISTA Le lacrime di Fabio «Quando sono partito pensavo a Contador»
Ribaltata alla maniera di Alberto tre anni fa: «Lui è il mio idolo, mi ha ispirato. E io sono così, non mollo mai»
Aru, ci racconti questa tappa perfetta. Sembrava di vedere il Contador di Fuente Dè
«Contador, lo sapete, è il mio idolo. Sì, mi sono ispirato a lui e ho attaccato da lontano. Stavolta c’era il terreno per farlo. La penultima salita era la più dura, quella adatta per affondare il colpo. Prima hanno tirato Cataldo e Rosa, poi Landa. Ha 5 km dalla cima sono partito con lui. Poi, quando ho visto che Dumoulin rientrava ma a fatica, gli ho detto di calare, quindi ai 2 km sono ripartito».
Dopo la caduta di ieri venerdì non ha temuto che tutto fosse compromesso?
« No, non mi arrendo mai. Osteopata e massaggiatore hanno fatto un gran lavoro perché la botta è stata forte, il fianco mi fa male. Ma con tutto quello che ha fatto questo gruppo per me, non potevo mollare».
Come è nato questo trionfo?
«Da lontano, da quando ero under 23 e ho imparato che le corse non sono mai scontate, finiscono solo sulla linea. Poi ero motivato anche da una squadra eccezionale. Vanotti non stava in piedi per il dolore al coccige ma ha voluto esserci lo stesso. Tiralongo era partito per la terza tappa con 35 punti in faccia. E vorrei parlare di Landa, che è stato tanto criticato. Ha vinto la tappa di Andorra e poi s’è messo a disposizione rinunciando alle ambizioni personali, cosa non facile per un giovane. Ha dimostrato di essere un grandissimo corridore e mi spiace che l’anno prossimo non saremo più assieme. Diventerà un avversario duro da battere».
Qual è stato il momento più difficile di queste 20 tappe, in cui ha sofferto di più?
«Sceglierne uno non è facile. Però quando ha vinto Rodriguez ho sofferto. Non lo dico per i secondi persi, anche se fossi arrivato con lui sarebbe stato lo stesso. Quel giorno dalle mie gambe ho avuto brutte risposte, che hanno condizionato la mia tattica anche nei giorni seguenti».
Che importanza ha avuto la buona crono di Burgos?
«È stata davvero molto importante. L’avevo preparata bene e sono contentissimo del risultato anche se dovrò lavorare ancora tanto perché i grandi giri si decidono spesso nelle crono».
Negli ultimi giorni, tranne venerdì, l’abbiamo vista spesso sorridere. C’è un motivo particolare?
«Questa è stata una Vuelta già di suo molto stressante, con tanta salita e tantissime cadute, corsa ad alta velocità. Le energie mentali sono importanti e per questo ho cercato di conservarle e restare il più tranquillo possibile. A volte ci riesco, altre no. Ma ci provo».
S’aspettava la crisi di Dumoulin?
«No. Comunque ha dimostrato di essere molto forte, completo visto che oltre a essere bravissimo a crono va forte pure in salita. Ha fatto una Vuelta eccezionale, gli faccio i complimenti».
Come avete vissuto all’interno del team l’espulsione di Nibali?
«Male per vari motivi. Perché ci sarebbe venuta a mancare la sua enorme esperienza. E perché Vincenzo non è un corridore qualsiasi, ma uno che va molto forte. Poi iniziare una Vuelta con un corridore in meno, che poi con l’abbandono di Tiralongo sono di- ventati due, non è facile. Siamo rimasti destabilizzati per un po’ di giorni».
Tra lei e Tiralongo c’è un forte legame d’amicizia: cosa le ha detto in questi giorni?
«Paolo è uno che non mi dice solo “bravo, sei un campione”. Anzi. Spesso mi evidenzia gli errori e lo ringrazio. Preferisco chi mi fa così invece che adularmi. È una strada per crescere. Per esempio mi ha rimproverato per i continui attacchi di giovedì in salita, quando ho provato in tutti i modi ma senza riuscirci a staccare Dumoulin. E poi è umile come me e mi ricorda di stare con i piedi per terra».
Nibali nel 2010 è partito dalla Vuelta per poi completare il risiko con Giro e Tour. Lei che cosa ha in mente?
«Ne dovrò parlare con la squadra. Per ora è presto, ma vorrei puntare forte sul Tour».
C’è ancora spazio in squadra per lei e Nibali? Chi è il leader?
«Vincenzo è un ottimo compagno e l’anno prossimo correremo ancora assieme. Poi non è che il leader debba essere uno o l’altro, c’è spazio per entrambi».
Intanto non farà parte della Nazionale: dispiaciuto?
«No, ho parlato con Cassani. Quest’anno non è il mio percorso. Sono felice e contento che la mia maglia l’abbia un corridore più adatto di me». L’attacco decisivo sferrato da Fabio Aru: Tom Dumoulin, in maglia rossa, si stacca sulla penultima salita. Poi l’olandese andrà alla deriva