Favola Matri Entra, segna una doppietta e rialza la Lazio
L’ex Juve, al debutto, entra al 56’ insieme a Felipe Anderson e cambia la partita. Friulani troppo timidi
Stesso stadio, stessa porta. Quattro mesi dopo. Con una maglia diversa, però. Ad Alessandro Matri bastano 8 minuti per prendersi la Lazio. Entra, debutta, segna e risolve una partita maledettamente complicata. Può bastare? Sì, anzi no. Meglio metterlo al sicuro quel risultato perché non si sa mai. E allora altri 9 minuti ed ecco servita la prima doppietta. Da opportunista la prima marcatura, da attaccante di classe la seconda, sotto gli occhi della fidanzata Federica Nargi, pure lei al debutto (in tribuna) all’Olimpico. Una doppietta davanti a quella Curva Nord che il 20 maggio scorso aveva fatto piangere (rete decisiva nei supplementari della finale di Coppa Italia vinta dalla Juve sulla Lazio) e che stavolta fa esplodere di gioia.
FUORI DAL TUNNEL? Due reti all’esordio per mandare subito un messaggio forte e chiaro all’ambiente. Ma anche per acuire i rimpianti dello stesso ambiente laziale per un acquisto che, se fosse stato fatto all’inizio invece che alla fine di agosto, avrebbe forse cambiato la deludente estate biancoceleste. Meglio tardi che mai, però, penserà Pioli. Intanto questo Matri basta e avanza per farlo uscire indenne dal primo delicato tornante di una stagione partita in salita. Il primo tempo della sua Lazio (anche se condizionato dal temporale che si scatena sull’Olimpico) conferma infatti impacci e limiti di una squadra incerottata e col morale sotto i tacchi dopo le sberle ricevute in Supercoppa, Champions e campionato. A tirarla su e farla tornare alla vittoria provvede appunto il nuo- vo centravanti. Che entra nella ripresa perché non ancora al meglio e sfrutta la prima palla utile per sbloccare la gara. E poi la chiude una manciata di minuti più tardi. Uomo giusto al momento giusto. Anzi, uomini giusti al momento giusto. Perché oltre a quello di Matri, è decisivo pure l’ingresso di Felipe Anderson. Il genietto brasiliano si sveglia dal letargo in cui è caduto dalla fine della scorsa stagione con uno slalom dei suoi che si trasforma nell’assist dell’1-0 dell’ex juventino. E (grazie anche allo spostamento di Keita da attaccante centrale ad esterno) trasforma il poco produttivo 4-2-3-1 di Pioli in un’orchestra di nuovo convincente, anche se ancora lontana da quella della scorsa stagione. Presto per dire che la crisi sia alle spalle, ma in attesa dei rientri degli uomini chiave (gli infortunati Biglia, De Vrij, Klose e Djordjevic) questi sono tre punti d’oro per Pioli. Che può gioire pure per il buon debutto di Hoedt e per il rientro di Mauri (che si riprende la fascia di capitano), anche se il brianzolo denota una condi-
zione ancora insufficiente.
TROPPO RINUNCIATARIO Ha poco di che gioire invece Colantuono. Che colleziona la seconda sconfitta consecutiva dopo l’impresa allo Stadium alla prima di campionato che aveva illuso un po’ tutti. La tattica è la stessa usata contro la Juve. E potrebbe pure dare gli stessi frutti se, a inizio ripresa sullo 0-0, Adnan e Thereau fossero più precisi sottoporta. O, anche, se Kone non trovasse un super Marchetti subito dopo l’1-0. Ma i rimpianti sono relativi quando giochi con un 3-5-2 che in realtà è un abbottonatissimo 5-3-2 con nove uomini costantemente sotto la palla (il solo Zapata viene lasciato libero di provare a fare qualcosa davanti). È vero anche che l’assenza di Guilherme in cabina di regia è pesante e si fa sentire (Iturra non si rivela all’altezza del compito affidatogli), ma magari con un atteggiamento un po’ più propositivo l’Udinese avrebbe potuto ottenere di più contro la Lazio abbacchiata di questo periodo.