La Gazzetta dello Sport

Pennetta ora è tentata «Rio? Mai dire mai»

Fenomeno Pennetta: «Rio al 90% è no, ma... Chiudo al massimo, l’avevo già deciso: è troppo dura. Errani e Vinci, tornate insieme»

- Vincenzo Martucci INVIATO A NEW YORK

Chericorde­remo di questa incredibil­e finale tutta italiana agli Us Open 2015? Flavia Pennetta da Brindisi, che acciuffa per i capelli il primo trionfo Slam a 33 anni e poi annuncia il ritiro a fine stagione, è sicura: «Io ricorderò l’abbraccio a rete con Roberta, lo sguardo negli occhi col mio team, il bacio di Fabio. Ci fossero stati anche papà, mamma e mia sorella sarebbe stato perfetto, ma non sono riusciti a venire». Roberta Vinci da Taranto, che riscatta la carriera con la prima finale Slam a 32 anni: «Domenica mattina, svegliando­mi, mi sono detta: “Ma che cosa hai fatto mai? Chissà come sarà incazzata adesso Serena, le hai tolto il Grande Slam che meritava”. Il solito destino che decide tutto: io che gioco benissimo e le dò un gran fastidio, lei che è molto nervosa, quelle due demivolée che mi sono entrate... I miracoli possono accadere, e qui ce ne sono stati tre: io che batto Serena, due italiane in finale e un’italiana che vince uno Slam». Con un codicillo: «Ah, eppoi non di- menticherò quando Flavia mi ha abbracciat­o e mi ha detto che i ritira. E io: “Nooo, ma dai, sei proprio convinta? E allora fallo, è il momento giusto”».

FESTA La finale la vince chi è più solida e resistente, dopo lo stress psicofisic­o delle semifinali che hanno sgambettat­o la numero 2 (Halep) e 1 (Serena Williams) del mondo. «Ho visto per la prima volta Roberta nel torneo del mio club, a Brindisi, aveva 9 anni, la conosco da sempre, abbiamo diviso per tre anni e mezzo la stessa camera a Roma, giocarci contro è stato durissimo. Il mal di stomaco che mi porto dietro da due giorni ha continuato ad aumentare: il primo set è stato un piccolo dramma, col carico delle emozioni di sabato, poi nel secondo set io ho giocato un po’ meglio e lei era un po’ stanca, ho vinto perché sono stata la più solida», specifica Flavia. «Io Flavia me la ricordo da sempre, il tennis è legato alla sua faccia», sottolinea Roberta che, da timidina, qui a New York ha mostrato un lato diverso della sua personalit­à: «Mi hanno fatto i compliment­i per l’intervista in campo dopo Serena, malgrado il mio inglese. Sì, sono diversa, perché mi sento proprio contenta, sono orgogliosa, non pensavo di raggiunger­e quest’obiettivo e di dare una risposta pesante a chi mi dava solo della doppista o diceva che ero finita. Due mesi fa, dopo aver pensato più volte al ritiro, da quasi 50 del mondo, mi interrogav­o su dov’era meglio giocare: un torneo più piccolo dove entravo sicura in tabellone o un altro dove rischiavo le qualificaz­ioni? Ora sono 19, entro di diritto in qualsiasi torneo, sono testa di serie sicura agli Australian Open e faccio un pensierino al Masters. La vita cambia in fretta». Tanto che, domenica sera al Bistrot Milano, covo delle due settimane a New York con coach Francesco Cinà e magnifica famiglia, la festeggian­o come una regina. Invece Flavia, stremata da mille interviste, festeggia con coach Navarro, il fisio Tosello e i suo amore Fabio Fognini in una steak house, da Gallaghers, e poi va a nanna. «Era la mia ultima volta a New York, ora giocherò Wuhan e Pechino e poi il Masters, se ne avrò l’occasione, e poi mi ritiro. L’Olimpiade? No, non è nei miei obiettivi, al 90% è no, ma nella vita mai dire mai. Vorrei tanto che Sara e Roberta tornassero a giocare il doppio insieme, proprio in chiave olimpica, se si presentass­e questa possibilit­à mi toglierei subito di mezzo. Perché mi ritiro? Perché qualche volta trovo troppo dura la gara, e quando sei sul Tour devi lottare 24 settimane l’anno, se non lo fai sempre, è brutto. E io certe volte non ho questa forza. Perciò questo è il momento perfetto per lasciare, è una decisione dura, ma sono felice e orgogliosa di averla presa. L’ho deciso a Toronto, dopo che già al Roland Garros ero incerta se iscrivermi, l’ho detto alla mia famiglia, al mio team e a Fabio. Ora passerò un po’ di tempo a vedere che cosa posso fare, restando nel tennis».

BILANCIO Flavia ci ha pensato a lungo: «Quando lasci, il problema è che non sai quel che ti piace e che cosa farai dopo. Ma io credo di aver avuto una gran bella vita, ho fatto più di quanto m’aspettassi. Sin da giovane prendi tante dure decisioni, rinunci a tante cose per il tennis, ma vincendo questo torneo, dopo aver tanto lottato anche qui, nel match contro Cetkovska, quando ho giocato così male nel primo set, la mia vita è perfetta». Il momento è perfetto: «Chiudo con uno Slam, un Super9, chiamiamol­o così, come gli uomini, 4 Fed Cup, con due volte top ten, le vittorie in doppio e anche il n. 1 mondiale... Il massimo». Più 3.3 milioni di dollari in tasca: «Meno il 30% di tasse, please. Non so come li investirò. Sono sempre stata parsimonio­sa, continuerò come sempre, con la mia vita normale. A 8 anni chiesi a papà: “Ma tu mi garantirai sempre una sicurezza economica?”. E lui mi tranquilli­zzò: “Perché ti ho mai fatto mancare qualcosa?”». Due milioni di persone hanno visto la diretta della finale, Deejaytv ed Eurosport: «Per l’Italia è stato un gran giorno, una bella boccata d’ossigeno fra tanti problemi, il nostro sogno è diventato realtà, abbiamo dato un grande messaggio di forza». Ma adesso chi è la numero 1 del tennis italiano di sempre fra lei e la Schiavone? «Mi ha mandato un messaggio vocale: “Adesso tocca a te, chissà quante volte dovrai andare al bagno, eh?”. Cose così, cose da “Schiavo”, non c’è numero 1 numero 2, ci sono quattro giocatrici — con Sara (Errani) — che hanno fatto tutte almeno una finale dello Slam, quattro atlete che hanno fatto anche a “capate”, che si sono anche scambiato qualche “vaffa”, ma che hanno fatto grandissim­i risultati per l’Italia. Qui a New York non ci sono state rivincite, ma si è chiuso il cerchio per me e Roberta». Che ricorderem­o di questa incredibil­e finale tutta italiana?

Vinci: «Pensavo di dire basta, ora sono numero 19: i miracoli possono accadere»

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REUTERS Flavia Pennetta, 33 anni, sulla terrazza del Top of the Rock

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