Mou, che succede? È il peggior Chelsea dell’era Abramovich
4 punti in 5 gare, uno in più del torneo 1986-87: il russo aspetta le prossime due gare
Sembra destino, ma Mourinho e la Juventus incrociano spesso le loro strade. Il Chelsea e i campioni d’Italia sono i grandi malati del calcio europeo: Mourinho è il collante che unisce le due storie. Nemico storico del tifo bianconero, il portoghese è l’immagine della crisi dei Blues: 4 punti in 5 gare, bisogna risalire al 1986-87 per trovare una partenza peggiore (3 pareggi in 5 gare). Ma quello era un altro Chelsea, lontano anni luce dalla dimensione attuale. Non c’era un miliardario come Abramovich a comandare nel club e la domanda di queste ore è scontata: fino a che punto arriverà la pazienza dell’oligarca russo? Mou per ora non rischia, ma se i Blues dovessero combinare altri disastri con il Maccabi in Champions e con l’Arsenal sabato, la situazione potrebbe precipitare.
RETROSCENA L’allenamento di ieri mattina è scivolato via come se il Chelsea scoppiasse di salute: atmosfera tranquilla. Ma così non è, e non può essere. Mourinho ha difeso la squadra dopo la legnata rimediata con l’Everton. Ha cambiato politica: dopo il k.o. in casa con il Palace, in cui aveva parlato di due-tre giocatori in difficoltà, si è preso le sue responsabilità. La gara di Liverpool ha solo aumentato il numero dei calciatori giù di corda: a Fabregas, Terry e Ivanovic, si sono aggiunti Hazard e Diego Costa. Un plotone consistente, che fa pensare a una crisi legata a problemi di preparazione e, forse, di stanchezza mentale, dopo due stagioni a tavoletta con Mourinho. I rapporti tra il portoghese e la squadra sono però buoni. La parte forte dello spogliatoio, composta da Terry, Ivanovic, Fabregas e Costa, è compatta dalla parte di Mou. Non c’è un partito «contro»: al massimo qualche scontento, e si tratta, come sempre, di chi gioca meno.
NAISMITH L’altra immagine della crisi è Steven Naismith, l’uomo che sabato con una tripletta ha affondato il Chelsea. Naismith è scozzese, compie oggi 29 anni e le sue origini affondano nella working class britannica: il padre è assistente sociale, la madre lavora in un supermercato. Non è un caso che Naismith un anno fa abbia aiutato un gruppo di portuali di Liverpool, licenziati in tronco. Naismith ha avuto problemi di dislessia da bambino: «Avevo paura che i miei compagni di squadra mi considerassero stupido». Un infortunio nel 2008, la rottura di un crociato del ginocchio, lo tenne lontano dai campi otto mesi. La scossa per riprendersi gli arrivò da un soldato britannico: «Mi scrisse una lettera dal fronte afghano. Mi disse di reagire. La cosa mi colpì. Se vieni spronato da chi rischia la vita in prima linea, devi fare solo una cosa: svegliarti».