La Gazzetta dello Sport

Mayweather come Marciano Ma che record è?

Berto e si ritira da imbattuto. Impossibil­e però paragonarl­o ai pesi massimi. E poi che noia

- Massimo Lopes Pegna CORRISPOND­ENTE DA NEW YORK

Il New York Times non cita Rocky Marciano neppure quando accanto al nome di Floyd Mayweather (come si fa di prassi) mette le cifre con le quali appenderà i guantoni al chiodo: 49-0. Se ne andrà da imbattuto, Floyd (se davvero manterrà la promessa del ritiro), con lo stesso record assoluto del pugilato del grande campione dei massimi. Ma se il prestigios­o quotidiano glissa su Rocky non è per mancanza di rispetto nei suoi confronti, ma solo perché non vuole trarre in confusione i lettori. Come si fa a mescolare i successi nella categoria dei massimi con quella del pesi più leggeri? Su chi abbia ragione e sulla «legacy» di Floyd nella boxe, insomma sull’impronta che lascerà nella storia di questo sport, il dibattito è aperto. Perché è vero che non ha mai perso e ha battuto 49 rivali, 24 dei quali erano campioni o ex detentori di un Mondiale, ma la critica più forte che gli viene rivolta è di aver affronta- to i nomi altisonant­i, pure lo stesso Pacquiao, quando non erano più al top della carriera.

IL MATCH Intanto, lui, Floyd, si limita ad archiviare senza particolar­i sforzi la presunta ultima pratica a Las Vegas: Andre Berto, due volte iridato dei welter, ma con tre sconfitte (ora quattro) negli ultimi sette incontri. Solito dominio, con il tipico stile di sempre: efficaci punture con il jab, qualche solido montante sparso sui dodici round, che in un paio di occasioni mandano fuori giri il mediocre rivale, e le classiche schivate dell’ultimo secondo. Gli unici momenti più eccitanti sono quando alla fine di un paio di riprese si scambia paroline poco educate con Berto («Solo “trash-talking”, niente di più», dirà nel dopo match). Il resto è tanta noia, perché negli ultimi combattime­nti di Floyd in verità si combatte poco. Anni fa vinceva con la stessa tecnica, ma c’era molta più intensità. A supportare la sua supremazia ci sono le statistich­e (i 232 colpi andati a segno, il 57%, a fronte degli 83 dell’avversario) e gli inflessibi­li cartellini dei giudici che giustament­e bocciano lo sconfitto: 120-108, 118-110, 117-111.

L’ADDIO Neppure lui si esalta troppo per il primato di Marciano e liquida la faccenda con il mantra che piace agli sportivi: «Certo è un passo nella storia. Ma i record esistono per essere battuti e prima o poi succederà. Spero arrivi presto un altro Mayweather che possa fare meglio». E’ l’idea che affascina qualunque campione: andarsene quando si è al top. Ma è possibile che Floyd, con un ego smisurato, si accontenti e se ne vada senza farsi ingolosire dalla possibile vittoria numero cinquanta che lo renderebbe unico nella storia? Incalzato, le sue parole non lascerebbe­ro dubbi: «Me ne vado in salute, ho una testa che funziona ancora bene, ho raggiunto tutti gli obiettivi e sono il migliore di tutti. Davvero non mi restano altre motivazion­i». Neppure quella dei soldi? Anche sabato sera, per svolgere un compitino di routine, ha intascato 32 milioni di dollari garantiti. Negli ultimi sei match ne ha messi in banca 420, di cui 250 soltanto nell’incontro con Pacquiao. Spiega Floyd: «Ho fatto investimen­ti eccellenti e finanziari­amente sono a posto».

LA TV Il fatto nuovo è che sabato, un paio d’ore prima di salire sul ring, esortava dal suo account twitter a comprare la diretta in pay-per-view. Perché dopo la grande sfida di maggio con Pacquiao, la gente ha ancora l’amaro in bocca: non si era divertito nessuno per totale assenza di spettacolo. Magari ha ragione lui: è proprio arrivato il momento di andarsene.

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Floyd Mayweather, 38 anni, colpisce al volto Andre Berto, 32. Per Mayweather successo numero 49 da pro
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Rocky Marciano (1923-1969)

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