La Gazzetta dello Sport

ARU INCORONATO RE DI SPAGNA FIESTA A MADRID

Trionfo alla Vuelta e passerella finale per il sardo «L’anno prossimo tento l’assalto al Tour e ai Giochi»

- Claudio Ghisalbert­i INVIATO A MADRID

«Fa-bio, Fa-bio, Fa-bio». Quando l’ordinata, rigorosa, ma gelida coreografi­a delled premiazion­i della Vuelta termina e Aru tornato verso il bus celeste della sua Astana,na, sis scatena la festa per il vincitore della 70a edizione della Vuelta a España. Lui peperò concede qualche sorriso ma non pperde il controllo. Come dice sempre «resto concentrat­o». Aru, è il giorno più bello della tua vita? «Questo è un giogiorno molto molto importante». Che regalgalo ti farai per questo trionfo? «Più che farfarmi un regalo, lo devo fare, e lo farò, ai mimiei compagni. Senza di loro non avrei vinvinto». Prima di salire sul podio, a Cibelesles, aveva pure messo in allarme il rigidodo protocollo. Aru aveva sulle spalle la babandiera con i Quattro Mori, il vessillo dedella Sardegna. Panico tra gli organizzat­ortori: oddio, cosa sarà? Che bandiera è? ChChe significat­o ha? E se poi copre il nome di uuno sponsor… Eh no, no, no…Non si può salire sul palco con la bandiera. «Ok, va beneb — risponde incredulo Fabio —. Salgo senza, però poi me la passate. La metto sulle spalle, tranquilli. I vostri sponsorsor nnon saranno oscurati». Lucidissim­o. GrandGrand­e.

BOLGIABOLG­I Intanto la gente arrivata dall’Italia lo acclama,accl lo esorta a uscire di nuovo dal bus. SembraSe di essere a un concerto quando gli spetspetta­tori chiamano il loro idolo sul palco per un bis.b Calle Alcala, adibita a parcheggio dei teamteam, al buio è una bolgia. Ci sono i mec- canici delle altre squadre che lavano le bici, massaggiat­ori che spostano valigie, bus che scaricano l’acqua delle docce. Eppure tutto questo mondo sembra a parte. Il centro del mondo è il bus celeste, quello con la scritta Astana. Tosello, il meccanico di Fabio, e Stefano Zanini, tengono in mano due bottiglie di champagne e distribuis­cono baci a chiunque passi a tiro. La loro faccia è il ritratto della felicità, le loro camicie sono già fradicie in un misto di sudore e vino. Alessandro Vanotti, invece, cerca di sorridere, ma è distrutto dal dolore per la botta al coccige. «In bici mi veniva da svenire ma sono orgoglioso di essere arrivato fin qui. Questa vittoria contro tutti è la soddisfazi­one più grande della mia carriera».

UOMINI Il gran capo Alexandre Vinokourov è impassibil­e, il d.s. Alexander Shefer ride, Beppe Martinelli si gratta una guancia. A pochi passi da loro, due uomini che nel successo di Aru hanno una parte enorme. Uno è molto conosciuto, è Paolo Tiralongo, un gregario leggendari­o passato attraverso mille battaglie. L’ultima è stata proprio qui alla Vuelta, quando è stato costretto al ritiro nella terza tappa per la caduta del giorno precedente. Trentacinq­ue punti in faccia, più che ferite sono medaglie. «Io mi sento un po’ il papà di questo gruppo stupendo – afferma con orgoglio Tiralongo – e so da dove arriva questo successo. Arriva da allenament­i massacrant­i in montagna, da sacrifici enormi, nostri e delle nostre famiglie. Ci sono state sere che non avevamo neppure la forza di parlare con moglie e figli. Eravamo sfiniti. Abbiamo fatto anche allenament­i di sette ore e mezzo tutti in fila per simulare la corsa. Ci siamo massacrati per costruire qualcosa». L’altro è un giovane tecnico bergamasco, si chiama Maurizio Mazzoleni. È lui che con i programmi d’allenament­o mette a punto il motore del campione.

IL FUTURO La festa, questa volta sobria (per quella kazaka ci sarà tempo a stagione finita), è una cena nel più tradiziona­le ristorante madrileno, da Txistu. Poi un paio di giorni di relativo riposo, quindi ancora in sella. Non aspettatev­elo al Lombardia, quel giorno con Tiralongo sarà ad Almaty come lo scorso anno Nibali dopo il Tour. Può sembrare strano, ma in fondo è normale in questo ciclismo dove il potere è solo economico. L’Astana ha un cuore italiano, ma i soldi arrivano dal Kazakhista­n e per loro quella è una corsa importante. E il futuro? «Non ho mai corso il Tour — dice Aru — non nascondo che l’anno prossimo mi piacerebbe puntarci deciso. Poi c’è anche l’Olimpiade che mi stimola molto». C’è già, seppure non ufficiale, una bozza di programma. Il via 2016 in Australia, poi programma primaveril­e più intenso, con anche il Giro dei Paesi Baschi. Intanto godiamoci il momento. La Vuelta, cinque anni dopo Vincenzo Nibali, ha incoronato un nuovo campione. I corridori li abbiamo, ora tocca al movimento italiano saperli sfruttare.

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Fabio Aru, 25 anni, corre per l’Astana. Prof dal 2012
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EPA Fabio Aru, 25 anni: era dal 1991 (Melchor Mauri) che la Vuelta non conosceva un vincitore così giovane
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REUTERS John Degenkolb, 26 anni, 10a vittoria alla Vuelta

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