LE RISORSE DEL MANCIO I REBUS DI SINISA
Un sinistro a giro di Guarin ricuce uno strappo di cinque anni. Da tanto l’Inter non si addormentava sola in testa alla A. Era il settembre 2010, il primo anno del post-Triplete. Legato agli eroi del Bernabeu da indissolubile vincolo di riconoscenza, Moratti provava a prolungare il ciclo con gli stessi uomini e le idee nuove di Benitez.
Un sinistro a giro di Guarin ricuce uno strappo di cinque anni. Da tanto l’Inter non si addormentava sola in testa alla Serie A. Con 8 punti sulla Juve. Era il settembre del 2010, il primo anno del post-Triplete. Legato agli eroi del Bernabeu da indissolubile vincolo di riconoscenza, Moratti provava a prolungare il ciclo con gli stessi uomini e le idee nuove di Benitez. L’esperimento naufragò in fretta e trascinò l’Inter in un lungo autunno dal quale sta riemergendo ora. Ad annunciarlo non è tanto la vittoria del derby e neppure il primo posto in classifica a punteggio pieno, quanto le potenzialità nascoste in questa squadra e la perentorietà di chi l’ha costruita con ostinazione e ora la guida sicuro: Roberto Mancini. Nella seconda parte della stagione scorsa, il tecnico nerazzurro, in attesa di avere gli uomini per il suo calcio, ha forgiato a martellate l’anima di una banda che aveva scordato come si fa a vincere e perdeva con la naturalezza con cui respirava. I frutti di quella educazione si sono viste nelle prime due giornate di questo campionato, in cui l’Inter ha giocato male, sofferto, ma ha ritrovato l’istinto vincente che aveva smarrito, quello che spinge i predestinati sul filo di lana. Il mercato ha fatto il resto. La decina di acquisti chiesti da Mancini non erano una spacconata, erano il minimo necessario per trasfigurare e rianimare una squadra spiritualmente morta. Questo primato nasce dal carisma del Mancio, dalla perentorietà con cui ha tirato la giacca a Thohir. E poi dai dirigenti che hanno comprato e venduto bene. Kovacic se n’è andato tra i rimpianti, ok. Ma a questa Inter serviva più un mediano di strappo come Guarin, l’eroe del derby. Melo, alla prima apparizione, ha dato subito ordine alla fonte del gioco e trasmesso una cattiveria agonistica che prima mancava. Vedi la ringhiata a Balotelli. Murillo ha già intonacato una difesa che faceva spifferi da tutte le parti. Ma, ripetiamo, a preoccupare la concorrenza da scudetto devono essere soprattutto i margini di miglioramento dell’Inter, perché Kondogbia, come dimostrato dall’allucinante disimpegno nell’azione del gol, è ancora stordito dalla sua valutazione; Perisic ieri si è limitato a guardarsi attorno, come chi compra una casa nuova; Jovetic dettava da una parte e Icardi scattava dall’altra. Quando tutti saranno ambientati e si raffineranno le intese, l’Inter, che ha variabili di lusso come Ljajic, può fare paura. Al contrario, ciò che spaventa del Milan, che ha giocato un derby dignitoso, sono proprio i ridotti margini di progresso. Questa mediana che pecca in filtro (vedi il gol) e in assistenza doveva essere arricchita di forza e qualità sul mercato. Mihajlovic ha dato buona organizzazione e solidità alla struttura, ma sulla qualità dei singoli può incidere poco. L’attacco appare un lusso inutile: un diamante chiuso in un cassetto. Chi li serve Bacca e Luiz? Pochi hanno capito la sostituzione di Bacca col Milan in svantaggio. La luna di miele tra il popolo e Sinisa, dopo due sconfitte (un derby!) su tre, rischia di incrinarsi. Spogliatoio e Berlusconi (ieri assente) hanno già mugugnato. L’estate delle calde illusioni e dei derby vinti è lontana. Ieri pioveva. La nota più lieta (Balotelli) diventa in realtà una spina tattica: come fargli spazio? Un Milan che fatica a sorreggere due punte, può reggerne tre? Comunque il Mancio, che aveva inserito Mario nella lista della spesa, aveva visto giusto anche lì.