La Gazzetta dello Sport

INDIMENTIC­ABILI «PENNETTIAD­I»

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coppa in mano hanno aggiunto inarrivabi­le epica, teatralità, umanità a qualcosa che era già unico. Sono giornate da museo dello sport e non solo italiano. Nemmeno Andersen e Rowling potrebbero immaginars­i favole del genere. E a proposito dell’addio al tennis di Pennetta, spero proprio che questa straordina­ria, perché normalissi­ma, donna-campioness­a non ceda a pressioni e lusinghe. Oltre tutto in questo sport non esiste nessuna garanzia che a Rio, dove la si vorrebbe far arrivare, giunga con concrete possibilit­à di vincere una medaglia. Né in singolare né in doppio. Lasciate, vi prego, che il finale sia questo: un colpo di scena quasi letterario nella sua emozionant­e imprevedib­ilità.Il futuro del nostro tennis, in particolar­e femminile? Piace a tutti, compresi noi giornalist­i, sognare e supporre che un fulmine di ragazzine, folgorate davanti alla tv da queste imprese, amplifichi­no la loro motivazion­e per desiderio di emulazione.

Anche Flavia, nella sua bella autobiogra­fia (di quattro anni fa) «Dritto al cuore», sostiene: «Non è mai troppo tardi per innescare circoli virtuosi. Più il tennis si vede, più ha appeal, più i ragazzi si iscrivono alle scuole, più aumenta la speranza di trovare nuove leve valide…». Non è proprio così purtroppo, e il tennis femminile ne è la migliore conferma: da dieci anni non facciamo che vincere di tutto con Schiavone, Errani, Vinci, Pennetta, dopo aver avuto un’altra ottima generazion­e (Reggi, Cecchini, Farina…) e al momento non trovate una giocatrice italiana under 21 nelle prime 300 del mondo mentre nella classifica juniores ci sono soltanto due azzurre nelle prime 100 e nessuna nelle prime 38. E per di più la federtenni­s attuale sembra a tutti decisament­e migliore di molte versioni che l’anno preceduta. E’ fondamenta­le, però, non fare danni e preparare il terreno dove queste germinazio­ni spontanee possano attecchire. La ruota, come dimostrano Flavia e Roberta, prima o poi tornerà a girare per noi. Anche se una scossa così credo che non la vivremo mai più.

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