IL RISCATTO E LA VOCE DELLO ZIO
Come si dice in questi casi? Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Dove Cesare si chiama sistema antidoping italiano. Dalla famosa black list della Wada, esce come un gigante: nel mondo, più di uno su due dei medici o preparatori «non frequentabili» è italiano. Grazie ad altri Paesi che hanno fatto finta di niente.
Come si dice in questi casi? Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Dove Cesare si chiama sistema antidoping italiano sull’asse Coni-magistratura. Dalla famosa black list della Wada, esce come un gigante: nel mondo, più di uno su due dei medici o preparatori «non frequentabili» è italiano. Grazie ad altri Paesi che hanno fatto finta di niente. Grazie alla nostra giustizia sportiva. Grazie naturalmente al lavoro dei giudici e delle forze dell’ordine. Grazie a coloro che da una vita hanno combattuto per cambiare il sistema nel profondo, preferendo la coerenza alla carriera, gettati ai margini dalla cultura del risultato a ogni costo. Grazie a una sensibilità sull’argomento che da noi è più forte che altrove. E fa sì che un calciatore simbolo come Beppe Bergomi, senta il bisogno di interrogarsi pubblicamente sull’abuso di farmaci che governava (l’imperfetto è una speranza) certi armadietti del calcio. Una testimonianza senza reticenze che è diventata un appello rivolto a chi gioca oggi e a quelli che giocheranno domani: le domande non sono mai abbastanza quando c’è in gioco la salute.
Ma ieri è accaduta anche un’altra cosa. La sofferta traduzione operativa dell’accordo fra Coni e Nas ha prodotto un primo, importante risultato: la nomina di una personalità di alto livello, il generale Leonardo Gallitelli, al vertice di una struttura che non ha più la parola Coni nel suo titolo: si chiamerà infatti Nado Italia. A quanto sembra, la nomina è stata discussa fra Renzi e Malagò sull’aereo, nel famoso viaggio verso Flushing Meadows. La designazione è un passo avanti, che però ha bisogno di altre spinte e scelte significative. Forse arriveranno a breve. La questione non è soltanto il rapporto fra i medici della Fmsi e gli ispettori antidoping dei Nas nel momento dei controlli (chi fa cosa). Il vero punto chiave è una struttura dei controlli a sorpresa assolutamente terza, formata da personaggi competenti (mandando al diavolo tutti i veti del caso) che non debba rispondere, né politicamente né logisticamente, al Coni.
Non abbiamo mai risparmiato critiche al sistema, dal passato pieno di ombre degli anni «conconiani» ai controllicolabrodo prima di Londra 2012. Ma è indubbio che la black list Wada, con le sue omissioni (dice niente il nome di Fuentes?) e il suo sbilanciamento (come se soltanto da noi valessero alcune regole), fotografa una situazione in cui l’Italia sembra dare più garanzie di altri nella lotta al doping. Detto brutalmente: i nostri atleti olimpici dovranno essere stracontrollati per Rio, sparecchiando dalla tavola ogni minimo opportunismo. Ma il discorso deve valere per tutti. Nessuno escluso.