La Gazzetta dello Sport

Il futuro è di Embolo Studiava da Pogba però sembra Eto’o

- Davide Longo

Dieci gol in campionato, 6 nella Coppa nazionale e 1 in Champions. Un bilancio stagionale normale per un attaccante, ma se a questi numeri si associa il nome di un diciottenn­e il peso specifico è diverso. Di Breel Donald Embolo, classe ‘97 (foto Liverani), si dice che sia un predestina­to. Nato a Yaoundè in Camerun, a 6 anni si è trasferito a Basilea con la mamma e il fratello entrando presto nelle giovanili rossoblù: «Non abbiamo dovuto fare uno sforzo particolar­e per accorgerci delle sue qualità», raccontava qualche mese fa Raphael Wicky, uno dei suoi primi tecnici. Veloce, ottimo tocco, solido nei contrasti: il bello è che fino a un paio di anni fa Embolo sembrava destinato a diventare un mezzala coi fiocchi, come Pogba. Poi, però, il destino ha deciso diversamen- te: il bomber della prima squadra, Marco Streller, si fa male e l’allenatore decide di provare il ragazzino in attacco, prima da esterno e poi da punta centrale. Il nome dell’allenatore che gli ha svoltato la carriera è Paulo Sousa, il che fa diventare la partita di oggi un’attendibil­e sceneggiat­ura di un bel film su sport e sentimento. Perché da quella scelta dell’attuale tecnico viola, Embolo ha preso il volo. Obiezione possibile: la testa com’è? Rigorosame­nte sulle spalle, almeno a sentire i compagni: il giorno dopo il primo gol in Champions con il Ludogorets si è seduto al banco dell’istituto tecnico che

frequenta a Basilea.

SAGGIO E anche le dichiarazi­oni sono in linea: «Devo ringraziar­e mia madre di tutto, io penso solo a giocare», ha detto il giorno del debutto con la Svizzera, a 18 anni, un mese e 17 giorni. A Basilea non resterà a lungo: si è parlato di Milan, Juve e Bayern e gli svizzeri hanno già fatto il prezzo: 15 milioni. Non è detto che la prossima estate bastino.

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