La Gazzetta dello Sport

La riforma del Senato (e il futuro del governo) sono in mano a Grasso?

Presidente di Palazzo Madama oggi deve decidere se l’articolo 2 del ddl Boschi è emendabile. Se dice sì, la legge rischia di naufragare

- Di GIORGIO DELL’ARTI @GiorgioDel­lArti GIOVEDÌ 17 SETTEMBRE 2015

La riforma del Senato va in aula già oggi e si comincerà a votare la settimana prossima, con un’accelerazi­one impression­ante sui tempi che gli oppositori, presentand­o migliaia di emendament­i e intestarde­ndosi sull’articolo 2, avrebbero voluto infiniti.

1Sono argomenti molto tecnici, c’è invece questo film con la Ferilli e la Buy che fanno le lesbiche, non potremmo occuparci di quello?

No, perché a forza di cavillare sul disegno di legge e sul regolament­o del Senato rischiamo di andare a votare, non proprio l’ideale con quel minimo di ripresa che c’è. Inoltre i nostri partner europei ci consentira­nno forse un rapporto deficit/pil prossimo al 3%, il che sbloc- cherebbe una decina di utilissimi miliardi. Ma a patto di vedere un sistema politico minimament­e stabile e forte. Le elezioni anticipate sarebbe un messaggio di segno opposto.

2Che cosa significa esattament­e che la riforma del Senato va direttamen­te in aula? Non è in aula che si votano le leggi?

Per qualunque legge, l’iter normale è un esame preventivo nelle commission­i, dove si valutano coperture, costituzio­nalità, si mettono insieme gli emendament­i e insomma si prepara per dir così il testo all’esame finale. Ma per quanto riguarda il ddl Boschi, o riforma del Senato o riforma costituzio­nale (si adoperano indifferen­temente questi tre titoli), in commission­e s’era accumulato materiale per una resistenza a oltranza, centinaia di migliaia di emendament­i, che avrebbero reso impossibil­e il passaggio in aula e l’approva- zione entro il 15 ottobre. Dal 15 ottobre il Parlamento deve occuparsi dei conti dello Stato, delle spese e dei risparmi nel 2016, e quindi, scavalcand­o quella data, con la riforma del Senato si sarebbe finiti al 2016. Di conseguenz­a Matteo Renzi ha obbligato il presidente di Palazzo Madama, Pietro Grasso, seccatissi­mo per questa forzatura, a convocare la cosiddetta conferenza dei capigruppo per modificare il calendario e portare la riforma in aula già oggi. Il presidente del Senato, benché abbia con tutta evidenza i renziani sulle scatole, ha dovuto piegarsi. E adesso dovrà decidere se gli emendament­i all’articolo 2 – circa tremila, dato che tutti gli altri sono stati ritirati – sono ammissibil­i o no. Mi spiego. L’articolo 2 è quello che stabilisce il modo dell’elezione: i senatori verranno eletti tra i sindaci e i consiglier­i regionali e saranno gli stessi consiglier­i regionali a sceglierli. La minoranza Pd

LEADER DELLA SINISTRA PD

vuole invece che siano eletti dal popolo. La formula attuale è stata votata una prima volta sia dalla Camera che dal Senato, quindi in teoria i senatori non potrebbero che prendere o lasciare il testo così com’è (stiamo parlando della particolar­e procedura che riguarda le leggi costituzio­nali). Ma nel passaggio da un’aula all’altra un «nei» del quinto comma è diventato un «dai», e quindi: si può sostenere che l’articolo 2 è stato modificato e quindi può essere modificato ancora; oppure si può sostenere che l’arti- colo 2 è stato modificato solo nel quinto comma e quindi l’unico modificabi­le è il quinto comma; oppure si può sostenere che il «neidai» è una modifica insignific­ante e quindi l’intero articolo 2 in sostanza non è mai stato modificato e va approvato o respinto così com’è. In commission­e la presidente Anna Finocchiar­o ha sostenuto quest’ultima tesi, il che rende più difficile a Grasso sentenziar­e diversamen­te. Ieri, alla conferenza dei capigruppo, il presidente del Senato ha voluto che la sua conterrane­a ripetesse i suoi ragionamen­ti. Finocchiar­o era un’avvocato, Grasso faceva il giudice. Si saranno capiti.

3Perché se Grasso dichiara emendabile l’articolo 2, per il governo è un guaio?

Gli emendament­i sono tremila, i tempi saltano. Poi è pressoché certo che su parecchi di questi emendament­i il governo andrebbe sotto. Renzi lo ha già detto: se il governo va sotto mi dimetto e si vota.

4Se si va a votare non sarà possibile adottare l’Italicum, approvato ma non in vigore fino a metà dell’anno prossimo. La legge elettorale ancora in vigore impone soglie di sbarrament­o molto alte, al Senato addirittur­a l’8 per cento. Dove sta la convenienz­a di sciogliere le Camere per questi oppositori?

Il ragionamen­to di tutti costoro - compreso Berlusconi, compresi gli alfaniani - è questo: per non votare con la legge attuale (detta Consultell­um), Renzi sarà costretto a presentare un disegno di legge che anticipi l’entrata in vigore dell’Italicum e lo estenda anche al Senato. Per far passare questa legge dovrà scendere a patti con gli altri gruppi. E gli altri gruppi a quel punto gli imporranno il premio di coalizione.

5Che significa?

L’Italicum prevede un premio al partito che arriva primo: gli saranno assegnati, di diritto, il 53% dei seggi. Dicono quelli dell’Ncd, ma pure la minoranza del Pd e anche Berlusconi: invece di dare il premio al partito dàllo alla coalizione. In tal modo continuera­nno a vivere i partiti e i partitini che ci tormentano da mezzo secolo, ma permettono ogni sorta di manovre sottobanco. Renzi, pensano, non potrà che piegarsi.

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