PARATONA PURE DEL TEDESCO
& Co. sbagliano troppo, Szczesny è miracoloso. Come Ter Stegen che a Leverkusen para tutto e ferma il Bayer
Una qualificazione mortificante, col terrore che da Leverkusen arrivasse la notizia del vantaggio del Bayer sul Barcellona e con la manifesta incapacità di essere superiori a una modesta squadra bielorussa. Una qualificazione «contestata», nel senso che alla fine l’Olimpico ha fischiato con forza i «suoi» giocatori. Una qualificazione miracolosa, perché celestiali sono state due parate salva-risultato di Szczesny e perché Ter Stegen, portiere del Barça, ha fatto un prodigio su botta ravvicinata di «Chicharito» Hernandez. La Roma entra negli ottavi di Champions per grazia ricevuta e come peggiore delle seconde, appena sei i punti nella classifica del gironcino e sedici i gol subiti. Calcolate che nessuna squadra mai era entrata tra le migliori sedici di CL con tante reti sul groppone. Oggi come oggi viene da chiedersi che cosa ci vada a fare tale armata Brancaleone negli ottavi, ma per fortuna nel calcio le cose cambiano in fretta e chissà che a febbraio la Roma smetta di essere Tragica e ritorni Magica.
PAURA Rudi Garcia alla vigilia aveva detto che la Roma si sarebbe avventata sul Bate Borisov come un branco di lupi, ma così non è stato. In realtà si sono visti undici cocker ostaggio della paura, più preoccupati di mantenere lo status quo dello 0-0 qualificante, nella speranza che dalla Germania non arrivasse comunicazione di un vantaggio tedesco che avrebbe reso inutile il pari all’Olimpico. I giallorossi si sono consegnati alla benevolenza di Luis Enrique, un atteggiamento rischiosissimo. E così si è andati avanti fino all’ultimo, con la pancia in subbuglio e col cuore nelle orecchie. Non è possibile che un gruppo del genere, con dei valori tecnici importanti, si sia ridotto a mendicare favori da terzi. E’ inconcepibile che un centravanti come Dzeko si sia involuto al punto di sbagliare gol facili. Molti conti non quadrano più nella Roma e si ha l’impressione che il rapporto tra Garcia e la squadra si sia consumato, che l’allenatore non sappia trasmettere altro che generici inviti alla profondità sulle fasce.
PREVEDIBILITÀ La confusione di Garcia si è vista all’inizio e alla fine. Prima della partita, quando ha annunciato Gervinho tra gli undici e poi all’ultimo istante lo ha spedito in tribuna, perché «Gervy» nel riscaldamento ha sentito tirare di nuovo il muscolo che lo tormenta da tempo. Verso la conclusione della gara, quando il francese ha inserito Uçan per Iago Falque, Uçan che a pochi minuti dal fischio d’inizio stava nell’area hospitality, fuori da ogni distinta. Sul campo, nel complesso, si è notata una Roma a bassa intensità – una fiammata in avvio di ripresa e poco altro – e prevedibile, anzi monocorde nel suo ricercare le fasce senza le dovute variazioni sul tema. Troppo elementare buttare la palla lunga per Iago Falque e Iturbe, con l’aggravante che il primo, Iago, è un esterno di inserimenti e non di «scavallamenti». Qualcosa di più e di meglio si è osservato quando Salah ha sostituito Iturbe, ma era ovvio che fosse così, perché nel panorama attuale l’egiziano è l’attaccante col maggiore spessore tecnico. La parata decisiva di Szczęsny su Gordeichuk Per la Roma decisiva pure la respinta di Ter Stegen sul tiro di Chicharito a Leverkusen SAN SZCZESNY Buon per la Roma che il Bate non abbia sfruttato il lato debole giallorosso, il fianco sinistro romanista, dove Digne non difendeva e dove Rudiger rattoppava a fatica le incursioni di Stasevich. Col passare dei minuti lo sbrego si è allargato all’altra fascia: e quando Yermakovich ha fatto entrare Maksim Volodko, anche il terzino destro Florenzi ha cominciato ad annaspare e la Roma è stata costretta a votarsi a San Szczesny. Il portiere polacco si è sdebitato degli svarioni dell’andata, prima con un sensazionale intervento a tu per tu con Gordeichuk, poi con una parata altrettanto decisiva su Mladenovic. La Roma è andata a tanto così dall’affondamento e non c’è occasione giallorossa – ce ne sono state, tipo il gol divorato da Dzeko davanti a Chernik o il salvataggio di Milunovic col portiere fuori causa – che possa sanare l’angoscia per una qualificazione tanto sofferta e imbarazzante. Così non si spiegano le dichiarazioni a brutto muso di James Pallotta contro i tifosi «fischianti». In serate simili sarebbe meglio tacere e lasciare lo stadio con le ali abbassate. Ma forse queste parole di Pallotta, e quelle di Garcia che si è detto soddisfatto della prestazione dei suoi, sono ulteriori segnali dello scollamento generale, tra squadra, città, istituzioni. La Roma si è qualificata, ma l’implosione sembra vicina. La partita col Napoli, domenica al San Paolo, dirà qualcosa di importante, nel bene o nel male.