PERSONAGGIO
Ljubo «l’italiano» Il tecnico cresciuto con la generazione del Divino Roger
Epensare che Ivan Ljubicic, nato a Banja Luka il giorno di San Giuseppe del 1979, poteva diventare italiano: «Io sono bosniaco, ho preso la bandiera croata, nel 2005 ho vinto la Davis per la Croazia, ed è stato bellissimo, ma potevo ugualmente diventare un vostro concittadino. Le Pleiadi Moncalieri, il circolo che mi aveva portato da voi come profugo di guerra, a 16 anni, nel 1997 ha avuto qualche problema e quei 6 mesi che sono rimasto in Croazia hanno cancellato i 4 anni in Italia. Per la cittadinanza sarei dovuto ripartire da zero». Il legame con il nostro paese è rimasto nel rapporto quasi filiale con coach Riccardo Piatti e poi nel lavoro di commentatore per Sky, una delle tante attività post-agonistiche di un uomo dal multiforme talento, capace da giocatore di vincere 10 tornei e di issarsi al numero 3 del mondo nel 2006 (dietro Federer e Nadal...) e poi, da coach, di spingere Raonic con costanza tra i primi dieci al mondo.
ESPERIENZA Cosa può portare Ljubo alla carriera di un tennista che è già considerato il più grande di sempre? Sicuramente l’esperienza di uomo di campo che manca a tecnici che furono giocatori in un’altra generazione. Ivan si è ritirato nel 2012 e dunque ha sfidato quasi tutti gli avversari che Roger incontra ancora sulla sua strada. Non solo: avendolo affrontato 16 volte, con 3 vittorie, il croato conosce di prima mano i pregi e i difetti del Roger giocatore. Solo il tempo, invece, ci dirà quali migliorie tecniche potrà apportare allo stile dello svizzero, che negli ultimi due anni, seguendo i consigli di Edberg, ha riscoperto l’aggressività dei tempi d’oro, che chiedeva solo di essere riportata in superficie: e quindi ecco l’utilizzo più accentuato del gioco a rete, un servizio più spinto, fino ad approdare alla risposta di mezzo volo sulla seconda palla degli avversari. Anzi, in fondo è probabile che Federer non abbia scelto Ljubicic per cambiare qualcosa nel gioco, quanto piuttosto per trovare nuovi stimoli mentali. Ivan, che tra l’altro è anche un amico, visto che hanno trascorso alcuni periodi di vacanza insieme, non è il tipo che le manda a dire e soprattutto, per età e curriculum, è abituato ancora a ragionare da giocatore. Quello che serve a un campione il cui limite, anche a 34 anni, resta solo il cielo.