La Gazzetta dello Sport

Perbellini e Armani come brilla l’Italia

Michelin 2016 segnala 334 ristoranti stellati Ecco le storie e le nuove tendenze

- Daniele Miccione

Cominciamo dai numeri, visto che la Michelin è l’unica guida che ci dà - con buona approssima­zione - una fotografia dell’Italia della ristorazio­ne. L’edizione 2016, presentata ieri nella bella sede milanese della Mercedes, vede un movimento in crescita, il secondo del mondo, con 334 ristoranti stellati (erano 332 nel 2015). Confermati gli 8 tre stelle, i nuovi due stelle sono Casa Perbellini a Verona e Gourmetstu­be Einhorn di Peter Girtler a Mules e ci sono 24 new entry con una stella. La Lombardia guida con 58 stellati davanti alla sorpresa Campania. Scende di un gradino il Piemonte che vede Davide Scabin, imprevedib­ile genio del Combal Zero, con una stella in meno (da due a una) e si consola con Andrea Ribaldone (I Due Buoi di Alessandri­a) protagonis­ta nel suo locale e all’Expo dove ha gestito il ristorante di Identità Golose. Bilocazion­e? «Questa è la domanda chiave! Bisogna costruire la squadra giusta, lo chef è come il coach. La stella è il premio per un duro lavoro». A CENA COME A TEATRO Giancarlo Perbellini era il più atteso. Ha aperto a Verona a fine 2014 e conquistat­o subito critica e pubblico. «La brigata si è trasferita tutta dal vecchio al nuovo ristorante - racconta felice - sapeva quello che doveva fare. Abbiamo seguito una strada nuova, lavoriamo senza rete per mettere in scena una complessa semplicità». Il ristorante è costruito come una sala da pranzo (ha una ventina di posti) con angolo cottura a vista. «Lavoriamo a 50 centimetri dal cliente, è come stare a teatro, se sbagli battuta in sala se ne accorgono. Non abbiamo cella ma solo il frigorifer­o perché da noi si consuma tutto in giornata. La spesa? Anche tre volte al giorno».

LE TRE DONNE Le cucine sono un mondo maschile ma le donne si fanno largo. Le nuove stellate sono tre: Antonia Klugmann (L’Argine a Dolegna del Collio), applauditi­ssima, Alessandra Del Favero (Aga a San Vito Cadore) e Martina Caruso (Salina). «I ritmi in cucina sono pesantissi­mi, ma le cose stanno cambiando - dice la Del Favero -. Io lavoro con il mio compagno, Oliver Piras, così riesco a gestirmi meglio». La Caruso è giovanissi­ma, 25 anni. “Al Signum di Salina - dice Sergio Lavrinovic­h, caporedatt­ore della guida - reinventa i piatti del territorio con un tocco di freschezza”. «Dietro tutti i cuochi c’è sempre una donna, la mamma o la nonna - dice con un sor- riso Martina - nel mio caso invece c’è il papà, cuoco del nostro albergo-ristorante. Faccio cucina di territorio ma provo a sperimenta­re con nuovi ingredient­i e nuove spezie. Il piatto che mi rappresent­a? Le linguine alle vongole e latte di mandorla».

MILANO DA MANGIARE L’Expo ha messo il turbo a Milano. C’è ricambio: perdono la stella Trussardi alla Scala e il Pont de Ferr ma entrano tre novità: Tokuyoshi, l’Armani ristorante di Davide Gozzoli e il Seta del Mandarin di Antonio Guida. Toku, a lungo vice di Bottura, all’inizio era stato travolto dalle critiche: «Non ho dormito per tre mesi! Analizzavo tutto e provavo a cambiare un po’ al giorno. La stella? Forse è arrivata perché ho una cucina originale che mescola le culture». «Milano con Londra è diventato l’hub gastronomi­co più importante d’Europa», aggiunge Gozzoli che nei suoi piatti lavora su freschezza e acidità. «L’umami è il quinto gusto, il saporito non il salato. A New York Marlon Abela, un gourmet con ristoranti in tutto il mondo, mi ha detto: “La tua cucina mi piace, ma così non sei competitiv­o”. Facevo 30-40 piatti a servizio fino a centrare quello giusto. Armani? Mi ha chiesto il lusso della semplicità».

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