Vincenti ma tesi L’inverno caldo dei team iridati
Lorenzo (Yamaha) e Hamilton-Rosberg (Mercedes): quando la coppia rischia di scoppiare
Valentino Rossi (a destra) e Jorge Lorenzo: i rapporti tra i due sono andati in frantumi dopo Sepang e lo spagnolo ha cercato di inserirsi nel giudizio del Tas di Losanna
«Non ci sono due numeri uno. C’è un solo numero uno. E la voglia di vincere, di prevalere sul tuo avversario, alla fine diventa una forma di egoismo». Il grande Ayrton Senna l’aveva capito prima degli altri. E raccontava così, con una riflessione quasi filosofica, le ragioni dell’antagonismo acerrimo, a tratti crudele, con il compagno di squadra Alain Prost. La loro rivalità è stata la più celebre della F.1, sfociata nel contatto alla chicane di Suzuka che decise il Mondiale 1989 a favore di Prost e poi nella vendetta di Senna l’anno successivo, sempre in Giappone, quando speronò il francese (passato alla Ferrari) strappandogli il ti- tolo. Eppure, nel biennio alla McLaren, Ayrton e Alain vinsero tutto, complici delle auto straordinarie: addirittura 15 GP su 16 nel 1988, la stagione del primo Mondiale di Senna. Segno che due campioni in squadra è meglio averli che non averli.
AGONISMO Quante analogie con il presente. Con la lotta che negli ultimi due anni ha visto opposti Lewis Hamilton e Nico Rosberg sulle imbattibili Mercedes. Ma anche con la sfida iridata nella MotoGP fra Valentino Rossi e Jorge Lorenzo, compagni alla Yamaha e avversari perfino in Tribunale, visto che lo spagnolo ha provato a inserirsi nella disputa legale fra Valentino e la Federmoto sul fattaccio di Sepang con Marc Marquez. La dinamica in fondo è la stessa. Più il duello diventa intenso, Dopo aver subito da Lewis sorpassi rudi a Suzuka e ad Austin, i rapporti tra Rosberg (a sinistra) e Hamilton si sono raffreddati. Colpa anche di un cappellino lanciato ravvicinato, incerto, e più la rivalità fra campioni si esaspera. Finché Valentino è stato impegnato nell’operazione recupero di se stesso, dopo il purgatorio Ducati che gli aveva tolto l’abitudine al successo, con Jorge è tutto filato liscio. Lo spagnolo non si è opposto al ritorno in Yamaha del pesarese nel 2013. E Vale si è «accontentato» di tornare a riassaporare il gusto della vittoria, festeggiando come una resurrezione il trionfo in Olanda e poi i due centri a Misano e in Australia nel 2014. Ma quando Rossi, all’inizio di quest’anno, ha vinto subito in Qatar facendo capire che il Mondiale non sarebbe stato più un affare fra Lorenzo e Marquez, ecco che tutto è cambiato di nuovo. Tornando come prima. Come ai tempi in cui Rossi e Lorenzo si scannavano per il titolo (2009-2010) e nel
box Yamaha si arrivò ad alzare un muro fra i due. Scatta una molla. Che in questo caso ha trasformato Valentino nel Cannibale che conoscevamo. Quello che ha fatto «a pugni» in pista con Biaggi (Suzuka), Gibernau (Jerez) e Stoner (Laguna Seca).
DETERRENTE È come se nella testa dei campioni si attivasse una modalità «gara», quando si sentono in pericolo. È successo anche a Hamilton con Rosberg, due piloti molto diversi fra loro, come Senna e Prost, anche se l’equilibrio è ben diverso. Hamilton ha vinto il Mondiale 2014 sudando fino all’ultimo GP, dopo una lotta che ha raggiunto l’apice a Spa, quando Rosberg lo eliminò in un tentativo di sorpasso azzardato. La Mercedes allora minacciò punizioni, arrivando a un armistizio. Quest’anno Lewis ha invece dominato (10 GP vinti), rilassandosi solo quando il titolo era in cassaforte e la testa già in vacanza fra party e sfilate di moda. Ma è bastato che Rosberg, sorpassato senza pietà a Suzuka e Austin e sbeffeggiato dal compagno con il lancio di un cappellino, reagisse vincendo gli ultimi 3 GP, per «turbare» nuovamente Hamilton. Toto Wolff li ha avvertiti: «Non danneggiate la Mercedes o i vostri contratti potrebbero saltare». Nonostante abbiano vinto 16 GP su 19, come ha ricordato Lewis, c’è il rischio che uno dei due (Rosberg) faccia le valigie a fine 2016. E lo stesso vale per Lorenzo e Rossi: ma in questo caso chi sceglierà di sacrificare la Yamaha?