Processo Felicita, salvata la Verdini
Corte d’appello dichiara «estinta» la sentenza di radiazione perché arrivata a 91 giorni dal deferimento. Il Coni ricorre
Incredibilmente salva. Ma non definitivamente, perché la Procura generale del Coni, letteralmente sconcertata dalla sentenza, ricorrerà al Collegio di garanzia e tenterà di ristabilire un po’ di giustizia. Cosa è accaduto? Il 28 luglio scorso (attenzione alle date), per il Tribunale della Federazione italiana pentathlon Manuela Verdini era il «braccio operativo» di Lucio Felicita, la complice di un sistema di illeciti spiegato dettagliatamente nelle 37 pagine della sentenza. La spalla, diciamo così, con cui l’ex presidente, per 17 anni il padre padrone della federazione, aveva tirato su quel castello di scatole cinesi — in sostanza società affiliate ma mai operative, che alle assemblee elettive diventavano voti preziosi per la rielezione — punito con la radiazione, sua e di Felicita. La sentenza aveva già fatto scalpore perché, a fronte della radiazione del presidente e della sua collaboratrice, né un consigliere federale né alcuna delle società coinvolti nel sistema illecito erano stati puniti. Tre giorni fa, parte di quella sentenza è stata addirittura cancellata. La Corte d’appello, infatti, oltre a rilevare un difetto di giurisdizione, ha estinto il giudizio di primo grado emesso nei confronti di Manuela Verdini, ai sensi dell’articolo 60, commi 1 e 4, del Regolamento di giustizia Fipm, laddove fissa a 90 giorni dal deferimento il termine per pronunciare la sentenza di primo grado. Termine che scadeva proprio il 28 luglio, data in cui effettivamente il Tribunale ha pronunciato la sentenza (perché all’ultimo momento?), ma alle 23.30, troppo tardi perché il segretario potesse pubblicarla sul sito entro la fine della giornata, e non la mattina successiva, il 29 luglio, quindi a 91 giorni dal deferimento, come effettivamente è avvenuto. L’articolo 60 parla di «pronun-