N’Zonzi: «Il Siviglia cresce sempre Un po’ come me»
gigante del centrocampo di Sampaoli avvisa la Juve: «Siamo più consapevoli dei nostri mezzi»
Steven N’Zonzi è alto un metro e novanta. Un armadio che sorride sempre e ride spesso. A 14 anni fu scartato dal Psg perché era «petit», troppo piccolo. Steven ride: «Alto ero già alto, però ero magro come un chiodo… È stata dura, ci tenevo un sacco, però piano piano mi sono ripreso dalla botta » . Eccome. Oggi N’Zonzi è il perno del Siviglia di Sampaoli, l’uomo di raccordo e di equilibrio nell’utopia offensiva del tecnico argentino. Lo paragonano a Vieira per il fisico, i movimenti, lo stile. «Magari!
FU FONDAMENTALE LA GARA D’ANDATA CON LA JUVE: DIFENDEMMO BENE STEVEN N’ZONZI SUI MIGLIORAMENTI DEL CLUB SAMPAOLI E’ AMBIZIOSO, HA GRANDI IDEE E SA TRASMETTERLE STEVEN N’ZONZI SUL SUO ALLENATORE
Vieira ha vinto tutto in carriera, io solo un’Europa League. Io da bambino m’ispiravo a Makelele. I centimetri sono diversi ma per me era il massimo vederlo giocare, soprattutto al Madrid quando era circondato da tutti quei campioni, Zidane, Figo, Ronaldo, Raul e lui li a chiudere ogni spazio. E poi Claude è congolese come me, mentre Vieira è del Senegal…». E giù un’altra risata.
Beh, anche lei oggi al Siviglia è circondato da mezzepunte che ad inizio stagione non sembravano aver grande voglia di darle una mano.
«No, bisognava solo conoscerci meglio, trovare i movimenti corretti, adattarsi al cambio di tecnico da Emery a Sampaoli e assorbire le idee di quest’ultimo».
Pronti, via: 3 sconfitte, 12 gol presi nelle prime 4 partite.
«Sì, però poi due 0-0 nelle 3 successive, compreso quello di Torino».
Dove avete lasciato l’idea di essere un po’ catenacciari, altro che calcio offensivo.
«Quella è stata una gara fondamentale: contro la Juve abbiamo capito che eravamo anche in grado di difendere. Di fronte avevamo una grande squadra, che alla solidità difensiva mostrata in Europa negli ultimi due anni in estate ha aggiunto la qualità di Higuain e Pjanic, diventando ancora più pericolosa. Non era facile uscire indenni da Torino».
Due mesi dopo la Juventus troverà un altro Siviglia, più sicuro delle proprie idee, rafforzato.
«Abbiamo lavorato duro cercando di assimilare le idee di Sampaoli. Allora eravamo all’inizio e non tutti i meccanismi funzionavano, per questo deci- Francese di origini congolesi, gioca davanti alla difesa, recupera palloni e sa impostare il gioco. Inizia la carriera nel settore giovanile del Paris Saint Germain, dopo la doppia esperienza inglese nel Blackburn Rovers e nel Stoke City, arriva al Siviglia nell’estate 2015. Con la squadra spagnola ha conquistato l’Europa League nella stagione 2015-16. demmo di chiuderci. Oggi siamo più consci dei nostri mezzi. Possiamo giocare con la difesa a 3o a 4, cambiare anche durante la partita senza problemi, tutti corrono e tutti aiutano. Sampaoli è ambizioso, ha idee che sono grandi e belle, e sa come trasmetterle. Sa parlare ai giocatori, ti contagia con entusiasmo e positività, la sua idea di calcio è piacevole come lui».
Uno che appena arrivato l’ha convinta a restare, a non ascoltare sirene di mercato.
«Sì, l’ha fatto trattandomi come un uomo, non come un calciatore. Parlandomi col cuore e con grande sincerità».
Tre sfide in meno di un anno con la Juve, e nelle prime due non avete preso gol.
«Speriamo di continuare. Sarà una partita difficile ma noi vogliamo qualificarci per gli ottavi al più presto. Ci manca un punto e vogliamo farlo subito con la Juve, sfruttando il nostro stadio. In casa stiamo benissimo. Altrimenti ci resterà Lione».
Basta Europa League?
«E’ una crescita necessaria. Dopo 3 successi in Europa League vogliamo andare avanti in Champions».
Si aspettava la rinascita di Nasri? Al City di lui non sapevano che farsene.
«Sì, ne ero sicuro. Perché la qualità di Samir non si discute e qui tra allenatore, società e città c’è un grande ambiente».
Il discorso di Nasri con la nazionale si è chiuso malamente, il suo dopo qualche partita con l’Under 21 non si è più riaperto.
«In Francia non sanno nemmeno che sono francese… Scherzi a parte, io lavoro e aspetto. Posso ancora giocare con il Congo, una porta che non è per niente chiusa, anche perché si stanno giocando la qualificazione al Mondiale in Russia. Sam Allardyce quando ero in Inghilterra ha provato a farmi giocare in quella nazionale ma non avevo le carte in regola. E poi c’è la Francia. Vedremo. Io non sono preoccupato». Ecco, nulla sembra preoccupare Steven. Nemmeno la Juve.