Il sabato degli esami Italia, usa la testa contro Tonga: vietato bruciare l'entusiasmo
Padovani si è scoperto estremo: «Io, Canna e McLean i cervelli della Nazionale giovane»
Alcuni amici sono già passati a salutarlo lunedì ai campi del Petrarca, dopo l'impresa di Firenze contro il Sudafrica. Il vero incontro tra Edoardo Padovani e la sua gente, però, avverrà oggi. All'Euganeo di Padova sono attese ventimila persone per il test contro Tonga e il 23enne sembra una specie di figliol prodigo, che se ne era andato di casa con le idee confuse e ora torna vestito di azzurro, dopo un cammino che lo ha fatto crescere. Veneziano di nascita, ma cresciuto a Mogliano, tirato su come mediano di mischia in giovanile, passato apertura quando i centimetri e i chili iniziavano a essere troppi per un numero 9 — è 189 cm per 90 kg —, ha trovato la propria dimensione da estremo. E oggi, come tutta l'Italia, è atteso alla prova di maturità: perché se è vero che contano soprattutto l'atteggiamento in campo, la working rate, la fiducia e l'adesione al piano di gioco — i parametri dettati dal c.t. O'Shea —, è altrettanto vero che una sconfitta, oggi, brucerebbe la riserva di fiducia e di ottimismo che la Nazionale si è guadagnata a Firenze.
NUOVO RUOLO Padovani è stato uomo del match nella storica vittoria contro gli Springboks. Un dato curioso, se si pensa che ha iniziato a giocare con il 15 sulle spalle solo da questa stagione. Un po' meno, se ci si immerge nel flusso del rugby moderno, nel quale i ruoli classici perdono significato non appena si vada al di là della prima fase di gioco. «Secondo alcuni, io e Carlo Canna eravamo uno il doppione dell'altro — racconta il 22enne trevigiano —. Da quest'anno, Guidi alle Zebre ha messo Canna apertura e me estremo, per un doppio playmaker. Mi sono subito trovato a mio agio. A me piace molto esplorare gli spazi aperti, cercare il varco per contrattaccare, ma posso anche giocare come secondo ricevitore. In Nazionale poi c'è anche McLean con il 12. Insomma, a parte la prima fase, il gioco ci mescola. Abbiamo caratteristiche diverse, ma nell'organizzazione del gioco ci diamo una mano». Un buon estremo ha bisogno di un paio di caratteristiche fisse: buon piede e buona raccolta dei palloni alti. «Ci sto lavorando molto, Mike Catt è un genio della tecnica individuale». L'anno scorso a Parma, poi, c'era l'ex All Black Muliaina. «Io non giocavo ancora estremo, ma la furbizia di alzare il ginocchio verso l'avversario quando si va alla caccia di una palla alta l'ho presa da lui».
PERSONALITÀ A Padovani non è mai mancata la fiducia in sé stesso. Nel 2012-13, non ancora ventenne, vinse lo scudetto alla prima stagione da seniores come apertura del Mogliano. Ezio Galon, vecchia volpe del reparto arretrato che in quella stagione giocava estremo, ha raccontato di come Padovani non avesse nessuna remora a farlo star zitto, quando insisteva con i consigli su cosa fare. «Vero — sorride l'azzurro — dopo un po' gli dicevo "taci, che comando io", ma in realtà mi ha dato una grande mano, lui conosce il rugby e mi ha insegnato molto». Di quello scudetto contro ogni pronostico, vinto dopo essersi piazzati quarti nella stagione regolare, a Padovani è rimasto «Il ricordo delle risate in spogliatoio, di personaggi come Meggetto e Gianesini, di un clima irripetibile. Una volta, di ritorno da una trasferta a Roma, alcuni compagni mi legarono a uno dei sedili posteriori del bus e mi fecero fare tutto il viaggio così. Scherzi fatti sempre con il sorriso, mai troppo pesanti». Una precisazione importante: le storie di «bullismo» all'Accademia di Mogliano, che lo stes- so Benvenuti ha frequentato, gettano un'ombra nera sul rugby, sui suoi presunti «riti di iniziazione » e su chi allora avrebbe dovuto vigilare. Simone Favaro, frequentatore della prima Accademia di Tirrenia e oggi per la prima volta capitano azzurro — Parisse, squalificato, vorrebbe fare il «water boy»: oggi con l'arbitro verificherà se è compatibile con il suo status —, ieri ha voluto mandare il proprio messaggio. «Chi fa certe cose non è un rugbista. La goliardia ci sta, ma deve essere piacevole per tutti. Ogni atto deve essere condiviso». Più che di scherzi, di goliardia, di birre e di ostentazione dei propri valori, il rugby in Italia ha bisogno di vittorie. Oggi contro Tonga c'è l'occasione per iniziare ad abituarsi.
LA PARTITA «In prima fase il gioco ci mescola e ci diamo una mano nell'organizzazione»
Parisse vuol fare il portatore d'acqua: chiederà il permesso all'arbitro