La Gazzetta dello Sport

Borja Valero «FORSE LA GENTE SI STA STANCANDO DELLA DEMOCRAZIA»

IL REGISTA DELLA FIORENTINA A TUTTO CAMPO SU ASSIST DI KEN FOLLETT. L’AMORE CHE SALVA, L’EUROPA NEL CAOS, TRUMP, RENZI E VERRATTI «CHE MI FA IMPAZZIRE»

- L’INTERVISTA di MASSIMO CECCHINI

«Non credo a un’altra vita. Per me non c’è niente dopo la morte e quindi so che non rivedrò più mia madre. Mi rendo conto che non avere questa speranza mi fa stare peggio, ma ritengo sia giusto essere coerenti. Rocio, mia moglie, la pensa come me e in questo modo educheremo i nostri figli. Comunque, anche se non può ascoltarmi, parlo con mamma Sagrario ogni giorno e so pure che gli sbagli che ho commesso nei suoi confronti, era giusto farli per crescere, e se rinascessi li rifarei. La sua morte - tre anni fa - è riuscita a cambiami, a farmi capire che cose come il denaro non contano davvero. Da quel momento sono un Borja Valero diverso».

Il sole di Firenze che filtra dalle finestre sembra ammorbidir­e un po’ anche il peso dei ricordi. Allora meglio salutarci così, forse entrambi stupiti di come le pagine di un libro - «L’uomo di Pietroburg­o» di Ken Follett - ci abbiano portato tanto lontano. Nonostante incomba una sfida di cartello come quella tra Fiorentina e Napoli, il calcio sembra piccolo e secondario, ma forse è solo una questione di prospettiv­a da ricercare. Allora riavvolgia­mo il nastro e torniamo all’inizio.

Che cosa le resta di questo romanzo ricco di politica, violenza e amore?

«Che l’amore è la forza che cambia il mondo senza farcelo sapere: tutti siamo mossi dall’amore».

Per amore lei ha sbagliato molto oppure proprio l’amore le ha salvato la vita?

«Scherza? Mi ha salvato la vita. Devo ringraziar­e mia moglie. Su tante cose su cui mi aveva consigliat­o - ad esempio, allontanar­mi da certa gente - il tempo ha dimostrato che aveva ragione».

Nonostante l’amore, sia l’Inghilterr­a dei Lord che la Russia zarista precipiter­anno nelle atrocità della Prima Guerra Mondiale. L’Europa unita era nata anche per evitare tragedie del genere.

«Forse dopo tanti anni di democrazia, pare che la gente si stia stancando. Fatte le dovute differenze, credo si stia tornando al clima che c’era in Europa in quel periodo. Pensi alla Brexit: ora tutti paiono voler fuggire dall’Unione Europea, ma il caos non aiuta nessuno».

Italia e Spagna hanno avuto dittature come fascismo e franchismo, eppure qui da noi, soprattutt­o tra i giovani, si respira aria nostalgia.

«Anche in Spagna ci sono anche dei partiti che si ispirano a Franco. Questo succede perché c’è poca memoria, non si studia abbastanza e non si ricorda- no le cose atroci che sono successe. Io invece penso sempre ai racconti che mi faceva mio nonno Paulino. Lui combatté per la Repubblica, fu preso prigionier­o e torturato, rischiando di morire di fame. Anche mia madre ha sofferto tanto. E’ strano sapere che c’è gente che rimpiange il franchismo».

Ormai va di moda la comunicazi­one muscolare, basti pensare al successo di Trump.

«La sua vittoria mi ha scioccato, però si capiva che tanta gente era stufa di come vanno le cose».

Nel libro la tentazione della linea anarchica più dura è forte. Italia e Spagna, per ragioni diverse, hanno conosciuto le Brigate Rosse e l’Eta: come giudica il ricorso alla violenza?

«Uno sbaglio. La violenza non porta da nessuna parte. Meglio il dialogo. In Spagna ad esempio c’è il movimento di Podemos che sta riportando un po’ di sinistra in politica. Vero che ci si aspettava un successo maggiore, ma qualcosa si sta muovendo».

Come giudica la politica italiana? Sappiamo che ha stima di Renzi.

«Sì, l’ho conosciuto, anche se sono sorpreso di come possa aver fatto il premier senza mai essere stato eletto, ma la vostra politica è complicata».

Da ragazzo ha mai avuto voglia di cambiare il mondo o era troppo impegnato a diventare profession­ista?

«No, ero troppo impegnato. La voglia mi è venuta col crescere. Per me il calcio era un divertimen­to, ma ho smesso di viverlo in modo spensierat­o nel giorno in cui sono andato al Real Madrid, a 11 anni. Mi ritengo fortunato per avercela fatta, altrimenti sarei molto più amareggiat­o. Durante la mia formazione ho vissuto con oltre 300 ragazzi e l’85% di loro non ha sfondato. Tutta gente che ha sacrificat­o l’adolescenz­a per niente. Quelli scartati li vedevi partire con lo zaino, dall’oggi al domani, e mi dicevo che avrei potuto fare anch’io quella fine. Era stressante perché non dipendeva soltanto dal campo, ma anche dall’opinione dei formatori. Assomiglia­va a X-Factor, solo che non c’era il pubblico a salvarti. Ho visto tantissime lacrime».

Follett descrive tanta miseria: si sente mai in colpa per il suo benessere?

«Sì, certo. Sono un privilegia­to, posso dare ai miei figli la migliore educazione. Eppure - come dice Iniesta - i veri eroi sono quelli che salvano le vite. Noi facciamo solo divertire la gente».

Lei ha detto che bisognereb­be demitizzar­e la figura dei calciatore.

«Sì, ma è difficile. Tutti i ragazzi in fondo vorrebbero fare questa profession­e. Toccherebb­e ai più fa- mosi, quelli sempre in vetrina, dare dei valori diversi a quelli che sono più giovani».

Avete la fama di essere dei superficia­li: non vi pesa?

«A me tanto. Certo, c’è gente fra noi che pensa solo ai soldi e alle macchine, ma non sono tutti così. Anche io una volta pensavo di più al denaro, perché in fondo non è che la mia famiglia fosse ricca. Poi però le cose cambiano».

In nome dei guadagni si arriva alla ricerca del successo a tutti i costi, anche col doping. In Spagna, ad esempio, i controlli sono più morbidi.

«È vero, non so perché. I rischi sono dappertutt­o, però nel calcio non ho mai avuto brutte sensazioni, anche se non metterei mai la mano sul fuoco».

Lei ha conosciuto il calcio inglese, spagnolo e italiano: quali sono le principali differenze?

«Il tifo in Inghilterr­a è meraviglio­so. Pensi che quando giocavo nel West Bromwich e retrocedem­mo, alla fine dell’ultima partita vollero che facessimo il giro di campo per applaudirc­i. Qui o in Spagna non sarebbe mai successo. Insomma, ci vorrebbe un mix, perché in Liga il calcio è più elegante, mentre in Serie A c’è più tattica».

Sembra legato emozionalm­ente a Firenze. L’impression­e è che l’ultimo treno della sua carriera sia in estate, quando la voleva la Roma.

«Non so se sia mai passato davvero e in ogni caso non ho voluto ascoltare, perché ho avuto la fortuna di poter scegliere».

Calcistica­mente parlando, vincere le interessa ancora?

«Sicuro, però so bene che è molto difficile battere società più ricche, anche se ci voglio sempre provare. A cominciare dal Napoli, anche se non sarà facile con campioni come Callejon e Martens».

Il campionato è chiuso?

«La Juve vince sempre e ha comprato anche i due giocatori più forti di Napoli e Roma, ma spero in un torneo equilibrat­o. Le inseguitri­ci se la possono giocare».

Se la può giocare anche l’Italia con la Spagna per la qualificaz­ione al Mondiale?

«Certo, il calcio non è matematica. Nello scontro diretto tutto può succedere, come è accaduto all’Europeo».

Ci sono degli azzurri che potrebbero giocare nella vostra nazionale oppure siete superiori in tutti i ruoli?

«Credo che Buffon, Barzagli, Bonucci potrebbero trovare spazio di sicuro. E poi c’è Verratti: io impazzisco per lui».

Trova che le somigli?

«Magari gli somigliass­i. Lui è più istintivo, ha lo stile di Iniesta e Silva».

Da uno a cento, quanto pensa di essere stato sfortunato a vivere in questo periodo di calcio spagnolo che in qualche modo le ha chiuso la porta della nazionale?

«Cento come calciatore, ma sono stato felice cento da tifoso perché abbiamo vinto tutto. Aver giocato all’estero in un club non di primo piano forse mi ha penalizzat­o, ma sono contento. Anche se questa è la sola vita che ho, mi sento fortunato».

IL CAMPIONATO È CHIUSO? LA JUVE VINCE SEMPRE, MA LE INSEGUITRI­CI SE LA POSSONO GIOCARE BORJA VALERO SULLA LOTTA SCUDETTO

 ?? ANSALIVERA­NI ?? Borja Valero, 31 anni, mezz’ala destra o sinistra della Fiorentina (in viola dal 2012), ha giocato in carriera anche con Villarreal, Maiorca e West Bromwich. È cresciuto nelle giovanili del Real Madrid
ANSALIVERA­NI Borja Valero, 31 anni, mezz’ala destra o sinistra della Fiorentina (in viola dal 2012), ha giocato in carriera anche con Villarreal, Maiorca e West Bromwich. È cresciuto nelle giovanili del Real Madrid
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