La Gazzetta dello Sport

La Roma aspetta Spalletti A marzo sarà bivio rinnovo

La strategia del tecnico: motivare la squadra. Col club appuntamen­to a obiettivi chiari. E domani può eguagliare il suo record di punti nell’anno solare

- Davide Stoppini ROMA

Luciano Spalletti, 57 anni, nel 2016 con la Roma in 36 gare di A ne ha vinte 25, pareggiate 6 e perse 5 RAMELLA

Se per una via o per l’altra sul futuro di Luciano Spalletti avesse un peso l’indice di gradimento tra i dipendenti di Trigoria, la storia si risolvereb­be già sotto l’albero di Natale: rinnovo e tutti felici, regali compresi. Almeno a giudicare dall’ovazione che il discorso dell’allenatore ha ricevuto ieri pomeriggio nel centro sportivo, nel brindisi di auguri con il mondo gialloross­o. «Grazie per quello che fate, voi siete la Roma che non si vede, fondamenta­le come quella che va in campo. Voi senza di me andreste comunque avanti, io senza di voi non farei le stesse cose», il senso delle parole di Spalletti, preceduto pure dai discorsi dell’a.d. Umberto Gandini, del d.g. Mauro Baldissoni e di Daniele De Rossi. Duecento persone con il bicchiere in mano, gli auguri negli occhi e la voglia di dimenticar­e la Juventus, che poi vorrebbe dire riprendere i discorsi interrotti e chiudere l’anno con una vittoria. Passaggio molto pratico ma un filo anche simbolico: la Roma chiuderebb­e il 2016 con 86 punti in 39 partite, 84 dei quali messi in cassaforte da Spalletti dopo i primi due di Rudi Garcia. E sarebbe un record eguagliato, perché 86 punti (anche allora in 39 giornate) è il primato attuale che risale al 2006, edizione Spalletti anche lì.

STRATEGIE Dieci anni dopo e una centralità ancor più accentuata: ecco cosa è Spalletti oggi per la Roma. E allora quel «se non vinco me ne vado» non può aver stupito troppo, se associato al famoso «non sono tornato qui per altri secondi posti» pronunciat­o a inizio anno, appena ripreso possesso del mondo gialloross­o. Non è (solo) quello è il punto. È cercare di capire cosa c’è oltre. Spalletti non è tecnico di primo pelo e non manda messaggi a caso. Dietro quelle parole pronunciat­e a France Football c’è una doppia strategia. Il tecnico è convinto che questa situazione, più che danneggiar­e per il senso di precarietà, possa invece stimolare i suoi giocatori a non sedersi, a guardare oltre l’ostacolo. È una sorta di all in dell’allenatore, convinto com’è di avere lo spogliatoi­o dalla sua parte: andiamo insieme a vincere, quantomeno costruiamo insieme la possibilit­à di alzare un trofeo. Un azzardo? Lo dirà il tempo. Il

resto della strategia è un messaggio alla società, che vive un periodo di riorganizz­azione: l’approdo di Gandini, l’addio di Sabatini, l’investitur­a momentanea di Massara, il nome di Monchi, la figura di Baldini sempre più operativo nei pensieri e nelle opere di Pallotta. Spalletti vuole indirizzar­e le scelte e capire che cosa aspettarsi dal prossimo futuro: in questo senso anche le eventuali mosse del mercato di gennaio potrebbero avere un peso.

I TEMPI Il punto di caduta del discorso, allora, è la tempistica. Perché se Spalletti può anche aspettare a lungo, dall’altra parte la società – pur avendone la necessità – non sarebbe in grado di programmar­e oggi un’alternativ­a. E allora in questo senso società e allenatore sono concordi: a marzo, quando sarà abbastanza chiaro il cammino in campionato e in Europa – non conta la vittoria, ma la «possibilit­à di» – Spalletti e i dirigenti si fermeranno a discutere. A quel punto sarà sì o no, sarà rinnovo o guardiamoc­i intorno. Il resto è attesa, è un gioco di posizione, di anime da motivare e traguardi da fissare. E chissà che la strategia non sia giusta, se è vero che ieri pomeriggio, quando Spalletti ha fischiato la fine dell’allenament­o, le due squadre hanno chiesto di proseguire la partitella. Nuovo gol e nuovo fischio di Spalletti. «Mister, continuiam­o ancora». «No basta, altrimenti vi fate male». Conta nell’indice di gradimento?

Brindisi di Natale con i dipendenti: «Senza di voi non farei le stesse cose». E scatta l’ovazione I giocatori in allenament­o vogliono continuare anche dopo il fischio finale della partitella

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