Lo sport e Del Piero incoronano Bebe principessa in rosso
I grandi dello sport incoronano Bebe in abito rosso E ora c’è la tv...
Il mondo alle sue protesi. Non quelle per camminare, ma quelle fatte per correre. Va più veloce la sua lingua, il suo cervello o il suo braccio quando incrocia un’avversaria in pedana? Bebe Vio continua a vincere: dopo le medaglie di Rio e il selfie alla Casa Bianca con Obama, la statuetta del Laureus, gli Oscar dello sport mondiale. Le trema un po’ la voce quando sale i pochi gradini nel suo vestito rosso di Valentino. E poi c’è il lungo abbraccio con Alessandro Del Piero che le consegna la statuetta. E’ emozionata, ringrazia la famiglia e parla di sport. «Sono fortunata, siamo tutti fortunati. Perché facciamo sport, la cosa più bella del mondo » . E quando la sala le dedica la standing ovation, Claudio Ranieri che è al suo tavolo, quasi si commuove.
REGINA Bebe Regina di cuori nella notte delle stelle. Anche Nico Rosberg, in i taliano, la omaggia. «Bebe sei una grande. E’ stato troppo forte conoscerti». Ha vinto ancora come questa estate in pedana. Perché lei... « Io quando ho il fioretto in mano mi sento forte. Ti senti potente, sai dove vuoi arrivare e sai che se vuoi, puoi arrivarci. Io sono fatta di scherma. Ho iniziato a 5 anni ed ero veramente piccola. E sono innamorata persa di tutto ciò che riguarda la scherma. E anche il mio modo di approcciarmi alle cose è scherma al 100%. Sono contenta di essere fatta di scherma. Andrò a Tokyo, sognavo Roma 2024, ma purtroppo non c’è. Ma perché non arrivare ai Giochi del 2028? » . Anno per cui ha un altro progetto in mente. « Entro poco vorrei diventare uno dei capi di Sky Sport. E poi vorrei diventare presidente di un nuovo ente, il Comitato Olimpico e Paralimpico Italiano. Unire - in pratica - Cip e Coni: non è ancora il momento oggi, ma ci stiamo lavorando. L’obiettivo è essere pronti appunto per il 2028, quindi un po’ di tempo lo abbiamo. Va fatto, perché dobbiamo unire le varie federazioni: io nella scherma sono fortunata perché siamo già così, una federazione sola. Fa bene a tutti, sia paralimpici che olimpici, anche a livello mentale. E’ giusto differenziare i due sport, ma è giusto lavorare insieme». Un vulcano. Di entusiasmo. «Da poco ho iniziato a lavorare a Fabrica, l’agenzia di comunicazione di Oliviero Toscani con Benetton. Un posto fantastico. Sono sempre stata una creativa: lo sport è più una passione che un lavoro. Sono stata inserita nel gruppo delle campagne sociali: la cosa che mi piace di più, avendo io anche una Onlus (Art 4 sport fa fare sport a ragazzi/e amputati, ndr). Ognuno può scegliere un progetto in questa borsa di studio e io ho puntato su una campagna di sensibilizzazione per il vaccino contro il Meningococco (la malattia che la ha amputata, ndr). Università? Se non la faccio la mamma mi ammazza. Quindi comincerò fra un anno: Relazione Pubbliche e Comunicazione, ma è un po’ indefinito».
RICORDI Per un futuro luminoso, un’estate di ricordi, che in parte la hanno portata fino a questa serata. «La maturità a un mese dalla Paralimpiade di Rio è stata tostissima - racconta ancora Bebe, 20 anni a marzo -. Ma ci voleva e ce l’ho fatta bene, anche meglio di come vole- vo. Poi l’estate all’Elba, con la famiglia, nel nostro posto del cuore, con tutta la gente che mi ha salutato come era accaduto all’Islanda dopo l’Europeo. Bellissimo ed emozionante. E poi il momento più bello della mia vita: la gara a squadre, nella finale per il bronzo: il 44 pari e poi la vittoria. Quello che non posso dimenticare sono le facce delle compagne e del mio allenatore prima dell’ultima stoccata. E dopo. E poi le lacrime. Io piango per tutto». Quel giorno sono stati in tanti a piangere. SI RIDE E SI VOLA Le chiedono di Trump. «Andrei a cena da lui? Le persone non sono tutte perse, anche se ha detto quelle cose sui disabili. Magari ci andrei per provare a fargli cambiare idea. Un selfie? Sì, me lo farei, ma per fargli una linguaccia...». Ride e poi si fa seria. «Ancora non si può dire, ma fra poco farò un programma televisivo.... Invece il 18 marzo sarò alle Nazioni Unite col presidente del Cip Luca Pancalli per parlare dell’esperienza italiana nello sport. Con poco (in termini economici) siano un’eccellenza». Pancalli, a distanza, si complimenta con Bebe: «Questo premio – dice – conferma le sue grandi capacità. Siamo orgogliosi: è anche un riconoscimento alla mission del movimento paralimpico italiano».
SACRIFICIO Non è stato facile. Anzi è stata durissima. «Una delle prime domande che ti fai è proprio, “ma perché proprio a me?” Con tanta gente cattiva che c’è al mondo, perché mi doveva capitare tutto questo? Se continui a pensare “perché a me” non vai avanti. Poi smetti e dici: ora cosa faccio? La vera vita per me è cominciata nei due mesi al centro protesi. Nel momento in cui ti affettano tutto non puoi fare più niente da sola: non riesci a mangiare, a camminare, a disegnare, non puoi neppure spingere la carrozzina da sola. Disimpari a fare tutto: dipendi dagli altri. Quando vai al centro protesi e ti ridanno tutti i pezzi, allora rinasci. Impari di nuovo a mangiare, a lavarti i denti, ad allacciarti le scarpe. Io sto reimparando a correre: è tosto, ma bello».
Tra Bolt e Phelps, Del Piero premia la Vio come miglior atleta paralimpico: «Non si può dire, ma presto farò un programma» «SONO FORTUNATA, FACCIO SPORT, LA COSA PIÙ MAGICA DEL MONDO» «STO REIMPARANDO A CORRERE: È TOSTO MA COSÌ BELLO» BEBE VIO PARALIMPICA